GLI ULTIMI RUMORS DICONO CHE SORU SARA’ AZIONISTA DI RIFERIMENTO DE “L’UNITÀ” CON UNA FONDAZIONE

0
626

Renato Soru entrerà quasi certamente nella proprietà de “l’Unità. L’intervento di Soru è stato sollecitato da tempo perché “l’Unità” è di nuovo in gravi difficoltà anche con la gestione di Marialina Marcucci, principale azionista, con un gruppo di altri soci. Vendite non esaltanti, pubblicità bassa, spese altissime con una settantina di persone alle dipendenze, scarso appeal quando non polemica frontale col partito di riferimento, un peso politico-editoriale decisamente modesto: anche prima della legnata elettorale del Pd. Figurarsi adesso.
Insomma, l’opposto di un buon affare, con impegni gravosi e zero ricadute, peso politico minimo, inesistente in Sardegna. E tuttavia il presidente della Regione, da privato cittadino, sta probabilmente per diventare l’azionista di riferimento del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, successivamente con sardi importanti in posizioni apicali: da Velio Spano a Luigi Pintor, senza contare l’influsso determinante per vent’anni di Enrico Berlinguer.

Martedì Marialina Marcucci, e altri esponenti del cda hanno incontrato Soru (privatamente, a casa sua) per discutere e forse definire l’operazione, che sarebbe in uno stato avanzato a va comunque conclusa a breve scadenza. Entro il 20 maggio, termine perentorio per ricapitalizzare il quotidiano prima di una nuova e potenzialmente mortale crisi.

L’impegno di Soru sarebbe stato direttamente sollecitato da Walter Veltroni. Forti perplessità iniziali del presidente, da sempre refrattario alla presenza nell’editoria e nell’informazione benché, specie in Sardegna, vi conti abbia soprattutto avversari se non proprio nemici schierati con la destra e contro di lui. Prima ancora, per contrasti di interessi col gruppo Unione Sarda. Una decina di anni fa, l’allora mister Tiscali (lontano mille miglia dalla politica e dall’idea di entrarvi), aveva carezzato l’idea di realizzare un quotidiano. Per autodifesa da attacchi virulenti di concorrenti legati a filo doppio con i partiti di governo e di opposizione tra loro in sinergia incestuosa e per garantire un maggior pluralismo in una lunga, oscura fase di cartello, un duopolio tutto schierato col centrodestra in parte per sintonia politica e soprattutto per gli appalti di società collegate ai due quotidiani storici. Soru aveva poi abbandonato il progetto, dedicandosi alla realizzazione di Tiscali-city a Sa Illetta.

Com’è che adesso Soru cambierebbe idea? Non certo per avere sostegno informativo in Sardegna. Dove l’Unità, rispetto al grande passato, conta da molti anni meno del due di coppe a briscola e vende una manciata di copie. Non è neanche il giornale di riferimento nazionale del Pd (infinitamente meno di “Repubblica”), nello stesso partito gode più di forti antipatie che di gradimento. Dunque essere nella proprietà non giova sotto alcun aspetto. Realisticamente, come detto all’inizio, un anti-affare editoriale e politico, un’operazione senza ritorni di alcun genere. Ma pare che Soru abbia detto sì per varie ragioni, non escluso il richiamo alle origini sardo-gramsciane. Anche per il fatto che, benché decaduta “l’Unità”. resta la memoria storica dell’unica informazione consentita e brandita dalla sinistra e dalle masse popolari che in esse vi si sono riconosciute per oltre 80 anni: palestra di grandissimi giornalisti e officina di grande cultura benché segnata dall’ideologia e dalle contrapposizioni della guerra fredda, che si è espansa e ha signoreggiato a lungo nella società italiana. Insomma, un tributo a una bandiera, per salvare un giacimento di storia politica, culturale e sociale importante.

Ma Renato Soru, al contrario di quanto hanno anticipato “il manifesto” e “Libero” non è affatto intenzionato a entrare a diventare ora e per domani un editore. Ricapitalizzerebbe come azionista principale “l’Unità” attraverso una Fondazione ad hoc, senza entrare nella gestione. Sarebbe affidata ad un cda collegato a un comitato etico di grandi personalità indipendenti, per garantire l’autonomia e la credibilità generale del giornale: un elemento di garanzia e indipendenza com’era nel grande Espresso delle origini, Insomma, un coinvolgimento oneroso di certo (si parla di otto milioni ma la cifra sembra davvero alta) e di altrettanto certissimo non ritorno in termini di influenza nell’informazione, nulla specie in Sardegna dove “l’Unità” è da molti anni e ormai irreversibilmente semiclandestina.

Altri rumors riguardano Sardegna 1, la tv privata ex della famiglia Ragazzo, acquisita da Giorgio Mazzella con risultati alquanto disastrosi. Calo di audience (molto lontana da Videolina), perdita di credibilità per operazioni politico-editoriali di bassa lega, depressione professionale di una bella redazione, pubblicità a picco, perdite di bilancio notevoli. Da tempo si parla della possibilità che Mazzella si voglia liberare di un costoso gioiello che si è appannato fino a perdere quasi ogni brillantezza e che gli provoca perdite rilevanti: in cambio di una discutile visibilità personal-familiare che non accentua il consenso attorno all’imprenditore, semmai il contrario. La tv sarebbe in vendita, qualche trattativa sarebbe in corso. Per una si è fatto il nome di Soru, che smentisce recisamente, anzi neanche replica. Ma ormai qualunque operazione chiama in causa, a ragione e più spesso a torto il presidente. Anche perché la vendita annunciata di Tiscali, presumibilmente a Vodafone (sarebbe la miglior soluzione possibile anche per lo sviluppo in Sardegna dell’azienda, permettendo sinergie-Internet che il maggior gestore mondiale di telefonia non possiede e così acquisirebbe proprio a Cagliari), darebbe a Soru una grande liquidità. Non pare credibile che voglia investirne una piccola parte in Sardegna 1, visto che ha rinunciato al quotidiano in passato, anche per non alimentare polemiche. Resta da vedere se gli eventuali acquirenti andranno fino in fondo e, quando comprassero una tv tutta da rilanciare e rimettere in linea di galleggiamento, come si collocheranno nel panorama informativo soprattutto. Dalla parte del Pdl, c’è tutto il gruppo Unione Sarda-Videolina, Cinquestelle e altre minori: per non parlare spesso (ora si accentuerà) della barra a destra del Tg3 regionale. Spazi troppo affollati, occupati, chiusi, non suscettibili di prospettive sul terreno dell’antisorismo politico e degli interessi costituiti: ora in rilancio col governo Berlusconi. L’unico spazio sarebbe in alternativa a quello dominante nell’etere e nella carta stampa ma non nell’opinione pubblica. Se gli acquirenti facessero un mero calcolo di convenienza editoriale, potrebbero occupare uno spazio vuoto presso i telespettatori sardi non coperto da opinione e valutazioni oggettive e non pregiudizialmente ostile a Soru e alla Giunta: oggetto di una mistificazione e falsificazione degli atti, oltre l’oscuramento delle scelte positive di forte impatto emotivo. Operazione non semplice perché Sardegna 1 non è né carne né pesce, di scarsa credibilità editoriale, quasi senza ruolo significativo: la riconversione non è facile come l’aggiustamento dei conti. Se poi l’operazione si facesse in senso corretto e intelligente, ci sarebbe un’apertura di pluralismo in uno scenario regionale di soffocante conformismo cinico, premeditato e fuorviante. L’emergenza-informazione di cui parliamo da molti anni (dalla fine degli anni novanta nelle pagine della Nuova Sardegna a proposito del gruppo Zuncheddu) e alla quale abbiamo dedicato una pagina sull’ ultimo settimanale cartaceo. Ogni novità positiva, da verificare in concreto, però, andrebbe salutata con favore soprattutto dai cittadini: ingannati e mazziati, vittime di un’informazione tossica di cui sarebbero nominalmente “il padrone” mentre vengono trattati brutalmente da popolo bue. (G.Melis)

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome