Giornata mondiale della stampa, l’urlo della Fnsi

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La Fnsi celebra la giornata mondiale della stampa e lo fa alzando la voce sui grandi nodi della professione. Il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Vittorio Di Trapani, in una nota ha deplorato quello che accade a chi ha l’unica colpa di raccontare la guerra e ha tuonato (anche) sulla situazione interna italiana: “In tutto il mondo si celebra la giornata della libertà di stampa. Ma forse bisognerebbe dire per la lotta per la libertà di stampa. Giornaliste e giornalisti ammazzati, come a Gaza. O brutalmente torturati, come Viktoriia Roshchyna. Croniste e cronisti incarcerati. Minacciati, Intimiditi. E la libertà di stampa vacilla anche nel mondo occidentale, dove evidentemente avevamo pensato che alcuni diritti conquistati fossero al sicuro. Ma così non è. E tutti i rapporti descrivono lo stesso quadro. Questo vale anche per l’Italia”. Di Trapani ha quindi aggiunto: “Non c’è libertà senza giustizia sociale. Senza il rispetto della dignità del lavoro. Non c’è libertà quando si vive sotto scorta. O minacciati, intimiditi. Con la violenza fisica. O con quella delle querele bavaglio. E non c’è libertà – prosegue – quando si può essere spiati. E allora oggi, 3 maggio, se si vuole celebrare la giornata per la libertà di stampa, bisogna chiedere che il governo faccia urgentemente e pubblicamente chiarezza: quanti giornalisti sono stati spiati? Chi ha spiato? Su mandato di chi? E perché? Oggi, 3 maggio, bisogna chiedere al governo: fuori i nomi degli spioni”.

Gli fa eco Alessandra Costante, segretaria generale Fnsi, che invece chiama direttamente in causa la premier Giorgia Meloni: “Piacerebbe ricevere dalla presidente del Consiglio certezze per quanto riguarda, ad esempio, l’adozione in Italia dell’Emfa e la previsione di una governance sganciata dal governo per il servizio pubblico”. La segretaria della Federazione nazionale della Stampa italiana ha quindi continuato: “La Fnsi aveva salutato con favore l’apertura della premier sulla liquidazione giudiziaria dei compensi, chiesta da sindacato e Ordine sulla base della legge che porta proprio il nome della premier: ma dopo cinque mesi il dossier continua ad essere chiuso in un cassetto del ministero della Giustizia e i giornalisti considerati figli di un Dio minore. Infine, le querele per diffamazione: in Italia, nonostante le sentenze della Corte costituzionale, esiste ancora il carcere per i giornalisti”.

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