Federazione nazionale della stampa italiana e Governo in accordo su molti dei punti indicati dal sottosegretario Lotti per il nuovo disegno di legge che dovrebbe ridisegnare il mondo dell’editoria, in special modo per quanto riguarda il non profit e le cooperative editoriali. “Il settore sta soffrendo”, spiega il segretario della Fnsi Raffaele Lorusso a margine dell’assemblea dell’Associazione stampa valdostana attraverso il sito della Fnsi (clicca qui). L’editoria in Italia non è ancora fuori dalla crisi. Ora “bisogna occuparsi di come portare a conclusione i processi di ristrutturazione e dell’innovazione che deve andare di pari passo con l’occupazione”. Lorusso commenta positivamente le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria sul ddl di riforma del settore, tuttavia i punti elencati da Lotti vanno adesso declinati: “Siamo d’accordo che non debba più esserci spazio per interventi assistenziali: chi riceve i finanziamenti deve garantire innovazione e occupazione, e soprattutto deve pagare gli stipendi e non solo i contributi. Vedremo quali sono i contenuti del disegno di legge, fermo restando che il fondo ordinario va mantenuto così come quello straordinario” (clicca qui per approfondire).
E’ arrivato il momento di “occuparsi di come portare a conclusione i processi di ristrutturazione e dell’innovazione che deve andare di pari passo con l’occupazione”, prosegue il segretario della Fnsi, che poi sposta il discorso sulla riorganizzazione delle convenzioni con le agenzie stampa spiegando che saranno ammesse le aziende che danno impiego ad almeno 50 giornalisti “assunti ex articolo 1. Adesso aspettiamo di capire come il Governo intende garantire la tipicità di alcune agenzie“. Secondo Lorusso, in ogni caso, sarebbe impensabile replicare i modelli del passato, quando i bilanci aziendali erano costituiti in gran parte dai finanziamenti pubblici.
Lorusso si concentra anche sulla riforma dell’Ordine dei giornalisti, definita necessaria in quanto l’attuale regolamentazione è stata concepita nel 1963 “quando esisteva in pratica solo la Rai, quando non esisteva la rete e c’erano pochissimi giornali che, fortunatamente, all’epoca pagavano bene”. Una legge che apparteneva ad un contesto, ad un mondo, che non è certo quello attuale, insomma, e che quindi bisognerebbe aggiornare: “andrebbe rivisto con urgenza l’accesso alla professione perché è impensabile che questa sia l’unica professione in cui esistono canali d’accesso molteplici e che qualcuno illuda soprattutto i più giovani che in Italia c’è un mercato del lavoro capace di assorbire 120mila persone, tanti quanti sono oggi gli iscritti all’ordine”. Un problema che potrebbe essere affrontato insieme a “quello dell’utilizzo dei prepensionati e dei pensionati. Per pagare le pensioni servono lavoratori attivi: se chi esce dal mercato del lavoro ci rientra il giorno dopo con contratti di collaborazione, magari andando ad occupare la stessa scrivania che aveva prima, si crea un cortocircuito. Se manca il ricambio generazionale, salta il sistema perché si sottraggono posti di lavoro a chi quei posti potrebbe legittimamente occupare: tutto questo non possiamo più consentirlo”, conclude Lorusso.
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