I giornalisti di Metro in sciopero per il piano “anti-crisi”

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giornalisti-precari-legge-equo-compensoArriva il primo sciopero, dopo 13 anni di lavoro, da parte dei giornalisti del quotidiano Metro. Il Comitato di Redazione ha difatti reso noto che l’assemblea dei giornalisti ha deciso, all’unanimità, di scioperare oggi nelle due redazioni di Milano e di Roma che producono il giornale anche per Firenze, Bologna, Genova e Torino. Domani, dunque, il giornale non sarà presente. Il motivo di questa drastica decisione deriva, per il Cdr, “dall’irricevibile piano di interventi anti-crisi presentato dall’editore nel quale si chiede un ulteriore innalzamento al 50% dall’attuale quota di solidarietà dei contratti applicati ai redattori (ora al 16,5%) e il trasferimento della sede di Milano in provincia a Pessano con Bornago”. I giornalisti denunciano che poi “nello stesso piano si prefigura addirittura il ricorso alla cassa integrazione straordinaria e la chiusura della sede di Milano e inoltre su tale piano la direzione giornalistica si è già resa disponibile a riorganizzare il lavoro della redazione”. Da qui la decisione degli stessi giornalisti di ribadire con forza “il loro fermo no al continuo e inarrestabile impoverimento di un quotidiano che già da tempo sopporta una gestione deficitaria da parte di un editore capace solo di tagliare e privo di qualsiasi strategia di rilancio dell’unica testata freepress presente in ben sei città”. Pronta la replica, di certo piccata, dell’editore del quotidiano che non risparmia i giornalisti di Metro: “In uno scenario di crisi del mercato pubblicitario senza precedenti in questo Paese, che ha messo in ginocchio testate storiche e blasonate del panorama editoriale italiano, la strada di un contenimento ferreo dei costi è oggi una strada obbligata per chi come me crede fortemente in Metro e nelle sue chance di rilancio sul mercato della carta stampata. Non comprendere lo scenario economico generale nel quale ci si sta muovendo (e per dei giornalisti non essere informati è cosa grave), significa eludere il vero problema – il crollo degli investimenti – e indebolire un editore che sta resistendo nella tempesta e pianificando il futuro”.

 

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