GHIONNI (F.I.L.E.):”GLI EFFETTI DEI TAGLI ALL’EDITORIA SARANNO MOLTO PIU’ AMPI DI QUELLI PAVENTATI”

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I tagli all’editoria, o meglio i tagli ai contributi ai
giornali no profit, recentemente approvati con decreto legge, avranno effetti
ben più ampi di quelli finora paventati.  Questa la posizione del presidente
della F.I.L.E. – Federazione italiana Liberi Editori – Enzo Ghionni. Negli
ultimi giorni, si parla dell’ipotesi di chiusura di qualche decina di quotidiani
e del licenziamento di diversi giornalisti. Non è così. Le conseguenze
dell’applicazione dell’art. 44 del decreto legge n. 112/08, approvato a colpi di
fiducia, sono molto più gravi: fruiscono dei contributi diretti all’editoria 74
quotidiani e  centinaia di periodici (fonte: sito web Presidenza del Consiglio
dei Ministri). Ipotizzando una ventina di giornalisti per quotidiano, i
giornalisti a rischio sono qualche migliaio; altro che diversi. Non parliamo dei
poligrafici e dell’indotto.

 

L’unica colpa di queste aziende, la vera responsabilità, è
quella di non riuscire a stare sul mercato. Bene; anche qui, bando alla
chiacchiere, vediamo i numeri di questo mercato. Citando le fonti. La relazione
annuale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 2008 ha
individuato le quote di mercato dei mezzi che compongono il Sic, il sistema
integrato delle comunicazioni. La stampa quotidiana vale il 14,7 per cento del
totale, mentre la televisione il 35,9 per cento, ben oltre il doppio.
Un’anomalia del tutto italiana. Ma, ancora, medesima fonte, la tabella 1.55
della relazione fornisce il dato più significativo: la distinzione tra tipologie
di ricavi nell’ambito dell’editoria quotidiana. Bene; i ricavi per vendita di
copie nel 2007 sono stati pari ad 908 mni di euro; quelli per pubblicità sono
stati pari a 1.366 mni di euro. Il rapporto tra ricavi pubblicitari e somma dei
due ricavi è pari ad oltre il 62%. I giornali che percepiscono i contributi
cosiddetti diretti hanno un vincolo fissato dalla legge: ossia che i ricavi da
pubblicità non possono superare il 30 per cento dei costi. Il che dimostra che
sono mezzi che il mercato non sorregge. Eppure sviluppano cultura, dibattito,
politica, informazione. Sono l’ossatura di un sistema pluralistico che oggi c’è
nel mondo della carta stampata, a differenza che nella televisione. Proprio
perché sono rivolti in via prioritaria ai lettori e non al mercato della
pubblicità che li esclude.

 

Sistema che viene azzerato con un decreto legge. La nostra
associazione, che annovera da sola, tra gli altri iscritti, circa 45 quotidiani,
sta da anni sostenendo la necessità di una riforma organica del settore che
parta da una seria conoscenza della realtà e che si muova lungo la doppia
direttrice di uno sviluppo del sistema industriale dell’editoria italiana e
della garanzia del pluralismo. Il decreto legge azzera ogni ipotesi di dibattito
e produce effetti devastanti. Se il Governo non prenderà provvedimenti immediati
rispetto a quanto previsto dall’art. 44 del decreto legge n. 112/2008, la
riforma verrà varata in un quadro oligopolistico speculare a quello esistente
nel settore dell’emittenza radiotelevisiva. E sarà troppo tardi per porre
rimedio ad un vero attentato non solo all’art. 21 della Costituzione, ma al più
generale principio sancito agli artt. 2 e 3 della stessa di libera formazione
del pensiero. Ci auguriamo che il Governo sappia porre rimedio ad una situazione
che mina alla base la democrazia, proponendo velocemente una riforma organica
del settore da discutere in Parlamento.

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