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Geolier termometro della distanza tra i giornalisti e il paese

La crisi d’identità dell’informazione in Italia è tutta in quanto accaduto nella sala stampa di Sanremo in occasione di questo Festival. Una doverosa premessa. Chi scrive è ormai datato, ascolta molto la musica, ma solo quella di autori che già seguiva fino a una ventina di anni fa. Gli ultimi concerti visti Vasco, Bruce Springsteen, Roger Waters e i Rolling Stones. Seguo il Festival da qualche anno solo per cercare di capire le tendenze. Ma va da sé che fino a martedì non sapevo chi fosse Geolier, la Mango, Le Sad e diversi giovani artisti che si sono esibiti sul palco questa settimana. Di conseguenza alle cover mi hanno emozionato i duetti con Roberto Vecchioni, Riccardo Cocciante, Umberto Tozzi e la Mango perché ha cantato un bellissimo brano del padre. Ma io non faccio il giornalista, non vado in sala stampa e non oriento o, meglio, non penso di orientare, l’opinione pubblica. A Sanremo quest’anno erano molti i giovani e hanno stravinto. I primi cinque in classifica sono tutti giovani, la prima delle icone, per chi è oltre i cinquanta anni, è stata Loredana Bertè con un settimo posto. In un paese normale bisognerebbe dare atto ad Amadeus di essere riuscito a trasportare la più importante manifestazione popolare italiana nel futuro, di adeguarla ai tempi, alle nuove generazioni. E la stampa avrebbe dovuto accarezzare questo progetto, incoraggiarlo, sostenerlo; e invece no. Accade, infatti, che un giovane rapper napoletano ha un successo inaspettato per una canzone probabilmente bruttina ma che piace molto, moltissimo. Tanto che fa prima nel giorno dei duetti perché sostenuta dal voto popolare. La cosa innervosisce gli spettatori del teatro Ariston che, dimostrando che i soldi e il potere nulla hanno a che fare con l’educazione, fischiano Geolier e addirittura si alzano durante l’esibizione. Ma è una platea di gente anziana, molto benestante, il costo dei biglietti per il Festival è, giustamente, molto alto e, come si sa, se Geolier è un cantante popolare, e addirittura napoletano, il politicamente corretto impone di prendere la distanza. E sui social iniziano le solite accuse contro Napoli e i napoletani indirizzate contro il giovane artista che ha l’unica colpa di aver vinto. Perché che cantasse in napoletano si sapeva, perché che viene da un quartiere popolare si sapeva, come si sapeva che la musica a Napoli canta quella città. Ma sui social è partita l’accusa di camorria, di imbrogli, intrallazzi e subito dopo inni al Vesuvio e a qualche vibrione che finalmente facesse piazza pulita. Questo ci può stare in una società polarizzata, intrisa di razzismo e di qualunquismo. Ma poi in conferenza stampa arriva un giovane artista di 23 anni e una giornalista lo accusa di aver arrubato, tanto è napoletano, rolex o canzoni cosa volete che siano, quelli sono mariuoli a prescindere. Lei è una professionista, per modo di dire, lui un ragazzo giovane che ha l’unica responsabilità di aver cantato una canzone in napoletano che potrebbe risultare vincente. Geolier risponde in maniera impeccabile, educata. Tutti i giornalisti presenti in sala stampa avrebbero dovuto prendere posizione, invitare la collega a scusarsi, ad andarsene, e invece no. Parte una campagna per far pesare la forza della sala stampa, del quarto potere che fu, che ora si esprime solo, e male, a Sanremo riuscendo a sterilizzare il voto della gente. Ha vinto Angelina Mango, una ragazza del sud, bella e brava, probabilmente con la canzone più bella. Come ha vinto Amadeus che ha portato sul palco giovani in grado di dare un futuro alla musica italiana in termini di seguito popolare. Ma hanno perso per l’ennesima volta i giornalisti che non comprendono che il loro modello di discussione, quello dei social network, della polemica da bar e del peto libero, è contrapposto a quel principio di autorevolezza della loro professione che ne è presupposto. Senza la cultura, la conoscenza, la consapevolezza l’unico futuro per la sala stampa sarà un esercito di partite Iva e cassa integrati che si riuniranno per condividere la rabbia e la nostalgia per i bei tempi che furono. Ma forse gli basterà far perdere il prossimo Geolier.

Enzo Ghionni

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