“Gente d’Italia è un giornale indipendente: in Uruguay e in altre aree del Sudamerica fa ancora un vero lavoro giornalistico”

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Eugenio Marino parla della crisi che colpisce anche i giornali italiani all’estero citando l’esempio della Gente d’Italia

Dieci anni potrebbero sembrare pochi, invece sono tanti. Soprattutto per un giornale. Soprattutto se questo giornale è italiano e viene stampato e diffuso all’estero. E sono tanti anche se a farlo è un giornalista che festeggia cinquant’anni di professione e settanta di età, perché significa che ha iniziato l’avventura del suo giornale alla complicata età di sessanta anni, quando in genere una persona è concentrata sulla propria pensione che si avvicina e su come e dove godersela in relax con la famiglia dopo anni di lavoro.
Quindi, chi inizia una difficile avventura giornalistica di questo tipo – e sappiamo bene quanto difficile fosse già dieci anni fa iniziare avventure del genere – è certo che lo fa per passione, per volontà di informare, denunciare, promuovere e, soprattutto, dare voce a una comunità.

La Gente d’Italia, infatti, è il giornale indipendente che in Uruguay e in altre aree del Sud America racconta l’Italia e le comunità italiane all’estero. È dunque uno di quei giornali locali che, come dice il relatore della legge sulla riforma dell’editoria, Roberto Rampi, svolge “un ruolo fondamentale sul territorio” e per il quale “l’essere locali rappresenta un punto di forza e non di debolezza”, uno di quei giornali che fa “ancora un vero lavoro giornalistico”.
Per questo motivo sono convinto, come Rampi, che la legge sulla riforma dell’editoria sia doverosa e importante. Che sia doveroso e importante rivedere i criteri con i quali si attribuiscono i contributi alla stampa (compresa quella online), che si garantisca non più una elargizione a pioggia, che non incide affatto sulla qualità editoriale del giornale, come non è sinonimo di garanzia il parametro della produttività, poiché rischia di tener fuori dalle vendite interi territori: e l’estero, le nostre comunità nel mondo, diverrebbero il territorio più colpito.

E sono d’accordo con Roberto Calari, quando sostiene che “è necessario che le edicole siano informatizzate tramite un sistema condiviso che permetta anche la tracciabilità delle vendite, per fare in modo che i finanziamenti diventino più razionali”. Un principio corretto che deve trovare una applicazione pratica anche con i media italiani all’estero, poiché eviterebbe sia i finanziamenti a pioggia, sia le irregolarità (quando non vere e proprie truffe) sulla distribuzione e vendita e che, soprattutto, consentirebbe di razionalizzare l’assegnazione proporzionata delle limitate risorse a giornali che realmente stampano, diffondono e vendono all’estero.

A questo proposito, dunque, la riforma del sistema deve garantire un sostegno economico dello Stato, fatto di criteri trasparenti, equilibrati e aderenti alle singole realtà territoriali e alle relative specificità (e l’estero è la più complessa delle specificità) e assicurare da subito una boccata d’ossigeno a molte piccole aziende editoriali – come La gente d’Italia e diverse altre all’estero – che oggi rischiano persino la chiusura.
In Europa lo Stato sostiene il pluralismo dell’informazione con contributi economici, seppure in modo articolato e differenziato da paese a paese. L’articolazione giornalistica e l’informazione sono considerati, vanno considerati, bisogni prioritari, così come li definisce la Costituzione.

Sbaglia chi, in preda a ossessioni neoliberiste e ansia da prestazioni da libero mercato, sostiene che debba essere il mercato – e solo il mercato – a stabilire quando un organo di informazione (e non un “prodotto editoriale”) sia valido e di qualità tanto da decretarne persino la sopravvivenza o meno.
L’informazione non è un “prodotto” come gli altri, è una elaborazione complessa del pensiero, uno strumento di cultura, un aggregatore delle comunità alle quali dà voce, consente di riconoscersi, fa da “cane da guardia”. Quindi va bene rivedere i contributi e i criteri, anche le cifre se necessario e le modalità di erogazione, ma non si metta in discussione il principio e si accelerino i tempi dell’erogazione.

Per questo, dunque, sapendo che nel 2014 hanno chiuso trenta testate e perso il lavoro circa mille e ottocento persone tra grafici, poligrafici e giornalisti e che sono oggi più di duecento le testate che rischiano ancora di chiudere, io credo che la riforma debba garantire un sistema di finanziamento che, pur andando verso le grandi aggregazioni e favorendo la nascita di grandi gruppi editoriali capaci di competere con colossi italiani e stranieri dell’informazione, allo stesso tempo debba assicurare la sopravvivenza di testate cartacee e online medie e piccole locali.
Quelle che fanno un lavoro sul territorio, come ricorda bene Rampi, quelle che garantiscono l’identità e la voce di piccole e medie comunità e l’informazione su realtà specifiche che hanno una loro valenza culturale (e persino economica), ma alle quali i grandi gruppi editoriali e i grandi giornali nazionali non darebbero spazio né voce.

La Gente d’Italia, insieme ad altri giornali, agenzie stampa e portali internet specializzati sull’informazione da e per le nostre comunità all’estero è tra questi. E per questo va garantita insieme alle altre dello steso tipo. Queste testate all’estero o che fanno informazione per le comunità italiane nel mondo non hanno nulla da temere da una riforma di sistema e da una rivisitazione dei criteri di assegnazione dei contributi se si tiene fermo il principio stesso del contributo, se si garantiscono i controlli, se si tracciano le vendite e se si lavora sulla qualità dell’informazione.

È dunque questo il mio augurio al Direttore Porpiglia per i suoi molteplici anniversari (70 anni di età, 50 giornalismo e 10 di attività del giornale in Uruguay): quello che la riforma del sistema dell’editoria porti a lui e alle altre testate italiane nel mondo una legislazione che, pur favorendo l’aggregazione delle testate e dei gruppi, sia in grado di rilanciare chi rappresenta una specificità e che fa questo lavoro – questa missione – per passione e con la capacità di informare.
Spero che ciò avvenga perché – e cito ancora Rampi – “ci sono poche risorse e vanno investite su chi davvero ha i requisiti e svolge un’attività di informazione reale sul territorio”: la parte sana delle testate italiane per gli italiani nel mondo è, con La Gente d’Italia, tra questi.

Eugenio Marino
Responsabile nazionale Pd all’estero
Articolo tratto da Gente d’Italia del 21/04/2015 – Clicca qui per l’articolo originale

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