Nei giorni scorsi hanno fatto scalpore le parole di Giuseppe Riina, figlio di Totò Riina, che nel podcast Lo Sperone ha affermato di non riconoscere nel ritratto pubblico l’immagine di suo padre, un uomo che, nelle parole del figlio “con la U maiuscola, una persona che ha sempre combattuto il sistema. Serio, onesto, manteneva la parola data e pensava alla sua famiglia. Non l’ho mai visto compiere un atto di violenza o tornare a casa con una pistola in mano e sporco di sangue”.
Parole che hanno fatto insorgere l’opinione pubblica siciliana e, in particolare, il mondo giornalistico isolano. L’Assostampa siciliana ha subito espresso “preoccupazione per la deriva sull’utilizzo dei social e dei podcast per produrre pseudo contenuti d’ informazione da parte di non iscritti all’albo dei giornalisti. Il caso del Podcast “Lo Sperone” che ha ospitato il figlio di Totò Riina in assenza di contraddittorio ed in spregio alle regole di base dell’informazione corretta, rappresenta una pericolosa sponda per la disinformazione”. L’accusa è forte: “La libertà di espressione non va confusa con l’assenza di limiti e di rispetto per le persone coinvolte nelle notizie di cronaca e per la verità storica dei fatti. Senza regole non c’è informazione vera, non c’è democrazia”. Pertanto, l’Associazione siciliana della stampa ha dichiarato di voler “condividere l’invito dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia a tutte le autorità a verificare se ci si trova davanti a possibili reati e sostiene l’azione che ha annunciato per, secondo competenza specifica, per verificare anche l’esercizio abusivo della professione”.
Già, perché l’Ordine ci è andato giù durissimo: “L’Ordine dei giornalisti di Sicilia prende atto con sconcerto dei contenuti di una chiacchierata fra i conduttori di un podcast trasmesso sul web e il figlio del sanguinario boss mafioso, Totò Riina. La chiacchierata, che non possiamo considerare intervista sia perché i conduttori del podcast non sono giornalisti sia perché il figlio di Riina ha potuto incensare il padre senza che nessuno dei presenti ricordasse le condanne del padre passate in giudicato e i reati a esse connessi, vene considerata un’offesa alle vittime di Riina, a quelle di mafia più in generale e a tutta la categoria dei giornalisti”. Quindi l’impegno: “Con particolare riferimento a quei colleghi che quotidianamente svolgono con professionalità questo mestiere, rischiando la propria incolumità e, a seguito dell’uso e dell’abuso dello strumento della querela, anche i propri patrimoni. L’Ordine dei giornalisti di Sicilia invita tutte le autorità interessate a verificare se nel corso del podcast possano essere riscontrate fattispecie di reato e, per proprio conto, si muoverà per verificare il configurarsi del reato di esercizio abusivo della professione”.
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