Fondo pubblico, Iva giù e riforma: 2 mesi decisivi per l’editoria

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Fondo pubblico per le piccole realtà, Iva al 4% per i giornali online ed un ddl sulla riorganizzazione dell’editoria che coinvolga tutta la filiera. Questa la mappa degli interventi proposti al tavolo per l’editoria da Lotti e dalle associazioni di categoria per arrivare in due mesi alla riforma

Fondo edtioria
Fondo pubblico, Iva e riforma sono i tre punti principali emersi nella riunione di martedì a Roma

La riunione tenutasi a Palazzo Chigi ha raccolto il sottosegretario all’Editoria Luca Lotti insieme a 21 sigle in rappresentanza di editori, giornalisti, edicolanti e distributori. Il sottosegretario ha spiegato di voler seguire per il settore lo stesso metodo utilizzato per la riforma delle convenzioni con le agenzie di stampa, che è partita con un incontro con i soggetti interessati a dicembre e, dopo confronti con le singole realtà aziendali, porterà a una direttiva entro la fine del mese con i nuovi criteri per accedere ai finanziamenti. Dopo l’incontro del 12 maggio, dunque, si apre la strada ai confronti con i vari interlocutori per raccogliere ulteriori contributi, ma sarà il gruppo di lavoro, composto dai membri del Dipartimento per l’editoria, guidato da Roberto Marino, e dai professori Marco Gambaro, Alberto Mattiacci e Giulio Vigevani, a tracciare le linee del disegno di legge. Le varie sigle, tra cui Fieg, Mediacoop, Ordine dei giornalisti, Fnsi, File (clicca qui) e Fisc hanno sottolineato il periodo di crisi che attraversa il settore, avanzando ognuna le proprie proposte.

Ecco come cambia il sostegno: nelle intenzioni del governo non ci saranno più contributi diretti e neppure finanziamenti a pioggia; qualsiasi stanziamento dovrebbe escludere i giornali di partiti e sindacati; resta il sostegno per i giornali non profit, ma con criteri diversi dagli attuali. L’obiettivo, secondo le parole di Lotti, è istituire un fondo per la piccola editoria e per il pluralismo, che favorisca il passaggio all’online di queste realtà. Il sottosegretario ha sottolineato che, in linea generale, il governo intende governare la trasformazione delle realtà editoriali favorendo modelli di business sostenibili su Internet ed ha poi aperto anche alle proposte della Fieg di portare al 4% l’Iva per i giornali online. Gli editori hanno quindi sottolineato l’esigenza di rifinanziare i prepensionamenti di giornalisti e poligrafici, trovando anche su questo punto aperture del governo. Quanto alla richiesta di finanziare ancora gli sgravi per i nuovi assunti, gli stanziamenti dovrebbero essere erogati a livello generale con la legge di stabilità. Da Lotti sono arrivate anche aperture sulla necessità di difendere il copyright, pur essendo improbabile che il tema rientri nel disegno di legge, e di informatizzare la rete delle edicole in tempi brevi, come chiesto dalle sigle di settore.

Le impressioni dalla prima riunione del tavolo sull’editoria di martedì a Palazzo Chigi, dichiara il presidente Fieg Maurizio Costa al Messaggero, sono “molto positive. Direi che siamo al giro di boa, con un Governo che ha mostrato di condividere non solo le preoccupazioni degli editori sulle dimensioni della crisi, ma soprattutto le linee di intervento che come Fieg abbiamo individuato”. Costa spiega le richieste avanzate dagli editori al Governo per rilanciare il settore: abbiamo individuato quattro priorità strategiche. La prima riguarda la tutela del diritto d’autore e la valorizzazione dei contenuti editoriali di qualità”, dice il presidente, ma è necessaria una norma che metta fine al “saccheggio sistematico di contenuti”.
La seconda proposta riguarda la “revisione profonda dei modelli organizzativi che incentivi la qualità dell’informazione e promuova l’innovazione”. Costa continua poi a sottolineando la necessità di rifinanziare il Fondo strategico a sostegno dei processi di trasformazione dell’editoria perché è “indispensabile che il Fondo 2015 sia in continuità con il 2014”.

Il presidente Fieg si sofferma anche sulla modernizzazione della rete distributiva e del sistema delle edicole, terzo pilastro delle proposte al Governo. A tal proposito sono intervenute anche le sigle sindacali degli edicolanti, Snag, Sinagi e Usiagi che hanno lanciato a loro volta una proposta divisa in 4 punti: programmazione ragionata della rete di vendita (sistema autorizzatorio e pianificazione territoriale); informatizzazione condivisa; equità nei rapporti di filiera tra edicolanti, distributori ed editori; incentivi all’acquisto di prodotti editoriali nelle edicole (ticket cultura edicola).
La quarta priorità, spiega Costa, è il contrasto della crisi insieme alla promozione dello sviluppo. Non servono interventi a pioggia, “ma azioni mirate nell’oggetto e limitate nel tempo”.

Soddisfatto il segretario generale della Fnsi Raffaele Lorusso che plaude all’impegno del Governo sottolineando che una riforma profonda del settore è essenziale e non più rinviabile. Le linee generali esposte dall’onorevole Lotti costituiscono una buona base per far partire il confronto, che ci auguriamo sia rapido e costruttivo. Il tavolo governativo deve essere il luogo in cui individuare strumenti idonei per accompagnare la conclusione dei processi di ristrutturazione ancora in atto e porre le premesse per un rilancio del settore che sappia coniugare innovazione e sostegno alla crescita occupazionale”.
Un fattore centrale resta la certezza di mantenere “inalterati anche per il 2015 gli stanziamenti straordinari nella misura prevista dal decreto Lotti del 2014. In particolare, restano imprescindibili gli sgravi per le nuove assunzioni, che da soli possono permettere la creazione di nuovi mille posti di lavoro. Altrettanto necessario sarà il confronto sulla riforma delle leggi di sistema, a partire da una più armonica e sostenibile regolamentazione degli ammortizzatori sociali”, conclude Lorusso.

Quanto ottenuto finora non è tantissimo, ma è comunque qualcosa. Almeno per le cooperative editoriali ed i giornali non profit, che potranno contare sui circa 50 milioni distribuiti a dicembre scorso. Un fondo insufficiente per i bisogni attuali che si possono stimare (al ribasso) tra i 70 e gli 80 milioni di euro, ma pur sempre un impegno non da poco per l’esecutivo, chiamato ogni giorno a far quadrare conti che sembrano non tornare mai. Il Governo ha confermato i contributi diretti per altri due anni di competenza, il 2014 e il 2015. Poi, dal primo gennaio prossimo scatterà la riforma.
“Poi si farà famiglia nuova, con un fondo unico a favore del pluralismo – dice il presidente della Fisc, Francesco Zanotti affidando le sue parole al blog Meno giornali = Meno liberi (clicca qui) – . Si ragionerà sulle copie effettivamente vendute, ha anticipato il sottosegretario Lotti, e verrà posto un limite al sostegno dello Stato in favore di una singola testata. ‘Non è più possibile – sono state le sue testuali parole – che esistano nostri interventi per il 60-70% del bilancio di un unico giornale'”.

Il presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici sottolinea l’impegno del Governo a fare una sintesi di tutti i contributi emersi il 12 maggio e presentati nei giorni precedenti dalle 21 sigle presenti all’incontro. Da parte nostra, abbiamo ribadito i concetti di ‘rigore ed equità’ portati avanti da anni dalla Fisc. Rigore, in modo da sostenere chi veramente merita ed è diffuso e svolge un servizio in favore della democrazia informativa. Equità perché situazioni simili vanno trattate nello stesso modo affinché non si creino situazioni di sleale concorrenza. Abbiamo chiesto, fin da subito, e lo abbiamo ribadito all’incontro, l’abrogazione di quella che noi abbiamo definito come la riserva indiana del 5% in cui sono confinati i periodici non profit. In questo modo si elimina il maggiore taglio subito con l’introduzione del decreto Peluffo che impose tale limite.
Abbiamo anche ribadito la necessità di chiamare questo sostegno statale ‘Fondo per il pluralismo e la libertà d’informazione’ tenuto conto che quest’ultima non può rispondere solo a logiche di mercato, spiega ancora Zanotti.
In sostanza, quello che già accade nel settore dei trasporti o della cultura deve accadere anche per l’informazione se davvero il pluralismo viene considerato come un valore e simbolo della democrazia di un Paese civile. “La partita è ancora tutta da giocare. Siamo certi che nessuno vorrà mettere a tacere le voci del territorio. Voci di quella parte di Paese che ancora ci crede”, conclude il presidente della Fisc.

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