FACEBOOK: L’8,7% DEI PROFILI NON È VERO

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Tu chiamalo, se vuoi, Falsebook. Già, perché il primo report trimestrale che Facebook ha presentato agli organismi regolatori finanziari statunitensi ha alzato il velo su circa 83 milioni di profili falsi, utilizzati a scopi di spam o comunicazioni indesiderate in direzione di altri utenti, riconducibili a cani, gatti e altri animali domestici.
La cifra non è affatto trascurabile poiché rappresenterebbe poco meno di un decimo (per l’esattezza l’8,7%) degli iscritti al servizio di social networking che il documento ha stimato in 955 milioni di unità.
Secondo quanto hanno riportato alcune fonti internazionali gli 83 milioni e 90 mila profili inattendibili sono classificati dall’azienda fondata e diretta da Mark Zuckerberg in tre categorie.
Fra queste la più imponente è rappresentata dai cloni e duplicati di facce effettivamente presenti sulla rete sociale e pesa sul totale degli utilizzatori per poco meno del 5%. Il marchio quotato in Borsa dallo scorso maggio e che nella sua relazione trimestrale ha presentato una falla da 157 milioni di dollari nei bilanci è parso però considerare questa pratica tutto sommato normale. Sarebbe dovuta alla conservazione di account datati che i navigatori affiancano a quelli di quotidiano utilizzo.
Sono circa 23 milioni e dunque il 2,4% della somma complessiva i profili riconducibili sia ad attività di business per le quali gli iscritti preferiscono ricorrere a un alter ego o a un brand; sia quel che è più sensazionale a quadrupedi o altri animali domestici.
Non pochi e pari a circa 14 milioni sono invece gli «indesiderati» che «in spregio ai termini e condizioni d’uso» del sistema sono presenti su Facebook con lo scopo primario di farne un veicolo di spam e messaggi spazzatura di vario genere anche se dalla natura non necessariamente truffaldina.
In una precedente comunicazione datata marzo 2012 il marchio di Zuckerberg aveva calcolato le mentite spoglie aggirantisi nelle sue maglie a non più di 50 milioni, quota ben lontana da quella ufficializzata nel documento di bilancio.
E come è stato da più parti notato l’inattendibilità delle stime di traffico della rete sociale potrebbe avere un impatto negativo anche sul volume degli investimenti pubblicitari che lo reggono. Dopo il crollo da 18 dollari in pochi mesi del suo valore di stock i budget promozionali divengono sempre più strategici e delicati per Facebook.
Il social network, secondo un post pubblicato dal fornitore di piattaforme per l’e-commerce Limited Run, dovrebbe l’80% circa dei suoi clic sui banner di pubblicità all’attività dei cosiddetti bot, applicativi che consentono di moltiplicare potenzialmente all’infinito il numero dei contatti realizzati.
E non è forse del tutto casuale che pure a fronte della crescita annua del 67% dei suoi utenti su dispositivi mobili, il responsabile esecutivo di una fra le più grandi realtà mondiali dei servizi di marketing, sir Martin Sorrell di Wpp, abbia dichiatato tutto il suo scetticismo circa il reale valore di Facebook per la causa dell’advertising.

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