ESIMENTE DAL DIRITTO DI CRONACA E DI CRITICA (Cassazione penale sentenza 34940-08)

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Un giornalista e il direttore responsabile del quotidiano La Repubblica, venivano condannati in primo grado, alle pene ritenute di giustizia, oltre il risarcimento del danno e la rifusione delle spese alla parte civile, per il delitto di diffamazione a mezzo stampa, il primo e di omesso controllo, il secondo.
Tutto ciò in relazione a un articolo pubblicato sul quotidiano citato che riferiva la situazione dell’amministrazione del Comune di Buccinasco. In tale articolo, il giornalista in questione, in occasione del turno di ballottaggio per le elezioni amministrative, riferendosi a un cittadino, presunto ispiratore di una lista civica, scriveva che il medesimo era stato indicato da un collaboratore di giustizia qualre referente delle cosche calabresi all’interno dell’amministrazione locale di Buccinasco. La Corte di appello assolveva i due imputati perché il fatto non costituisce reato per l’esercizio del diritto di cronaca e di critica e il direttore per insussistenza del fatto. La parte lesa ha promosso ricorso per Cassazione, deducendo la contraddizione tra l’indicazione del fatto per cui si procedeva, l’intero articolo in questione e il passaggio della motivazione in cui il giudice di appello riportatava una frase nella quale si dava atto che le accuse del giornalista erano risultate sfornite di riscontri, traendo da ciò spunto per l’assoluzione. Inoltre, il ricorrente ha criticato l’applicazione della scriminante del diritto di cronaca e di critica, in merito alla quale il giudice del merito, nel riformare la sentenza di condanna non aveva considerato e approfondito gli elementi circa la parzialità della notizia e la sua incompletezza, con conseguente travisamento del vero.

La Suprema Corte si è pronunciata con la sentenza 34940-08 accogliendo il ricorso. Infatti, la Corte ha ritenuto fondato il primo, assorbente, motivo di censura. Dal testo della sentenza di appello, ha osservato la Corte, emerge una contraddizione di fondo, tale da inficiarne il ragionamento che ha portato alla pronuncia assolutoria degli imputati. Il capo di imputazione fa riferimento ad un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica in una certa data, quale presentazione della situazione politica emersa dal primo turno di elezioni per il rinnovo dell’amministrazione di Buccinasco, comune alle porte di Milano, per le quali era previsto a breve il turno di ballottaggio fra i candidati più votati. Nell’articolo si esaminavano le varie forze politiche presenti nel comune e si dava conto dell’esistenza di una lista civica asseritamente ispirata dal ricorrente, nei confronti del quale si affermava che era stato indicato da un pentito di giustizia, come si è detto, quale referente delle cosche calabresi nell’amministrazione comunale di Buccinasco. Ora, il giudice del merito avrebbe dato conto della motivazione del primo giudice, secondo cui la notizia, vera, che il giornalista aveva pubblicato, all’epoca delle dichiarazioni del pentito, aveva chiaro carattere diffamatorio perché era stata data a circa dieci anni di distanza da quelle dichiarazioni e senza alcun riferimento al fatto che, in seguito, nessuna iniziativa giudiziaria, nessuna indagine o condanna era seguita a tali affermazioni.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il giudice del merito avrebbe ritenuto di dover riformare in senso assolutorio per gli imputati la decisione di primo grado sotto il profilo del ricorrere dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica, evidenziando come il richiamo dell’articolo all’indicazione, da parte del giornalista , del ricorrente quale referente politico dei clan malavitosi calabresi sarebbe stato chiarito come effettuato sulla base di voci correnti e senza riscontri, tanto da uscirne indenne, con una citazione testuale che sembrerebbe riferita all’articolo oggetto di imputazione, a dimostrazione dell’esistenza di quella specificazione che, rendendo evidente la portata solo storica del richiamo delle dichiarazioni del giornalista, ne avrebbe consentito la valutazione come legittimo e corretto esercizio del diritto di cronaca. In definitiva, il giudice del merito avrebbe quale elemento decisivo per l’applicazione della scriminante del diritto di critica e di cronaca quella precisazione, che tuttavia avrebbe erroneamente riportato al testo dell’articolo del passato, mentre nell’occasione per cui si procedeva una tale precisazione nell’articolo non si trovava. (T. Paciotti)

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