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Equo compenso giornalistico. Il Messaggero condannato a dover pagare circa 7000 articoli secondo il tariffario dell’Ordine

Si tratta della prima applicazione in Italia, da parte di un collegio di tribunale, di una sentenza basata sul contributo professionale dell’Ordine piuttosto che l’intesa siglata tra Fieg e Fnsi dello scorso 19 giugno 2014, sull’equo compenso. Il giornalista professionista aveva fatto ricorso al giudice del lavoro del tribunale di Teramo per vedersi riconosciuta la differenza retributiva tra il corrisposto e il dovuto per gli articoli scritti, circa 7.000, nel periodo di collaborazione con il quotidiano romano, dall’aprile 1996 al settembre 2007, secondo i parametri stabiliti dal tariffario professionale dell’Ordine dei giornalisti. In primo grado era stato un conducente tecnico d’ufficio a valutare la somma da assegnare in sentenza al giornalista dal giudice del lavoro che aveva accolto il suo ricorso, riconoscendo nel rapporto intercorso con il giornale una prestazione di lavoro continuata e continuativa. Contro la sentenza del giudice del lavoro di Teramo, Luigi Santini, la società editrice de Il Messaggero aveva fatto ricorso, invocando la prescrizione quinquennale e contestando la natura del rapporto lavorativo individuata dal primo giudice. In Appello, i giudici aquilani, confermando l’impianto giuridico individuato dal collega di primo grado, hanno coinvolto l’Ordine dei giornalisti dell’Abruzzo. Soddisfazione è stata espressa dal presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, per la sentenza ma soprattutto per il ricorso al parere dell’Ordine professionale. Il suo profilo Facebook è stato inondato di messaggi di solidarietà e di approvazione per una sentenza definita «apripista nella materia dell’equo compenso per i giornalisti».

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