ELEZIONI ALLE PORTE, AGENDA DIGITALE CERCASI

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Digitalizzazione sempre più a rischio. I temi caldi dell’Agenda Digitale sono scomparsi nel periodo che precede le elezioni del 24 e 25 febbraio. Solo il premier Monti, in questa fase, sta facendo qualche riferimento a digital divide e cloud computing nella sua Agenda, più che altro per coerenza con il lavoro svolto, finora, dal suo governo tecnico.
E intanto restano in stallo i decreti che avrebbero dovuto attuare le misure del Dl Sviluppo Bis. Alcune norme, infatti, dovevano già entrare in vigore da dicembre. Non sono state definite, tuttavia, le modalità con le quali le start-up avrebbero dovuto accedere agli incentivi del Governo, né tantomeno è stato aggiornato l’elenco nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata. In relazione alla prima omissione, va ricordato che le start-up rappresentano uno dei capisaldi dell’Agenda Digitale. La PEC, poi, ha un ruolo-chiave in diversi settori disciplinati dalla normativa. Insomma, non si è partiti con il piede giusto.
A gennaio si attendevano provvedimenti sugli “open data” e sulla cosiddetta “giustizia digitale”, ma anche sulla trasmissione telematica dei certificati di malattia e sul domicilio digitale. Non ci sono stati. D’altronde c’era da aspettarselo. In campagna elettorale i partiti preferiscono basare la loro propaganda su argomenti di più alta “presa” sul corpo votante. Insomma, almeno fino ad ora, si è sottovalutato l’impatto che pure l’innovazione digitale potrebbe avere sull’economia nazionale in termini di risparmio e aumento della produttività. Nel concreto parliamo di cospicui investimenti a favore delle start-up innovative, di un utilizzo costante delle tecnologie di e-procurement, dell’emissione di fatture elettroniche in luogo di quelle cartacee, e chi più ne ha più ne metta.
Di buono c’è che i decreti non attuati, non soggetti a decadenza, potranno essere comunque ripresi in futuro. Ma la grossa incognita è rappresentata dalla volontà del prossimo esecutivo di insistere su queste tematiche. C’è da sperare che l’importanza riconosciuta dall’Europa all’innovazione funga da monito per il prossimo inquilino di Palazzo Chigi.

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