La Riforma dell’Editoria prevede, all’articolo 1, l’istituzione di un “Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione” nel quale confluiranno le risorse derivanti dal contributo di solidarietà a carico delle società concessionarie di raccolta pubblicitaria, fino a un massimo di cento milioni, e dalle maggiori entrate del canone RAI. Il finanziamento sarà riservato alle cooperative di giornalisti, agli enti senza fini di lucro, alle imprese editrici espressione delle minoranze linguistiche, ai periodici per non vedenti, alle associazioni per i consumatori, ai giornali in lingua italiana diffusi all’estero. L’obiettivo, si legge nel desto del Ddl è di:
“Assicurare la piena attuazione dei princìpi di cui all’articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione, nonché di incentivare l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacità delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, nonché lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale”.
L’articolo 2, conferisce deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. L’obiettivo è di garantire maggiori coerenza, trasparenza ed efficacia al sostegno pubblico all’editoria.
L’articolo 3 prevede nuove disposizioni per il riordino dei contributi alle imprese editrici, l’articolo 4 proroga i termini per l’equo compenso stabilendo che il comma 4 dell’articolo 2 della legge n. 233/2012 venga sostituito dal seguente:
“4. La Commissione dura in carica fino all’approvazione della delibera che definisce l’equo compenso e al completamento di tutti gli altri adempimenti previsti dal comma 3″.
L’articolo 5 punisce stabilisce che:
“Nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’elenco dei professionisti ovvero in quello dei pubblicisti dell’albo istituito presso l’Ordine regionale o interregionale competente. La violazione della disposizione del primo periodo è punita a norma degli articoli 348 e 498 del codice penale, ove il fatto non costituisca un reato più grave”.
L’articolo 6 istituisce nuove disposizioni per la vendita dei giornali a decorrere dal 1º gennaio 2017 e, infine, l’articolo 7 modifica alcune norme di coordinamento.
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