EDITORIA “FUORI CONFINE”: EL PAIS CRESCE MA LICENZIA. IN FRANCIA E NEGLI USA È BOOM DEL DIGITALE

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El Pais, il maggiore quotidiano spagnolo, licenzia 149 lavoratori. Juan Luis Cebriòn, presidente di Prisa (gruppo editoriale che controlla El Pais): «Bisogna spostare le risorse verso il digitale». Intanto EPresse, la prima edicola online francese, si arricchisce di 70 nuovi giornali. E negli Usa aumenta la diffusione dell’editoria multimediale: dal 9,8% del totale nel 2011 al 15,3% nel primo semestre del 2012. Fra tutti spicca il New York Times con un aumento del 40,3% degli abbonati online in un anno.
Le direttive per il futuro sono chiare. E lo sono anche da un bel po’. Nelle relazioni sulla gestione della maggior parte dei quotidiani si evidenzia la voglia, ma soprattutto la necessità, di investire sull’informazione digitale. Certo, la carta rimane un riferimento ancora insostituibile (fascino retrò a parte). Tuttavia il processo di “multimedializzazione” dei contenuti sembra inarrestabile.
E sembra questo la motivazione per il licenziamento di massa dei giornalisti e dei tecnici de El Pais. Si tratta di “far fuori” 149 persone: 109 giornalisti e 40 tecnici. Un terzo del personale. Inoltre per i “supersiti” ci sarà una riduzione del 15% dello stipendio. Bisogna dire che non si tratta di una novità. Le intenzioni della dirigenza erano chiare già un mese fa. «Si tratta di una decisione irrevocabile e dolorosa. Non possiamo più permetterci di vivere così bene. È necessario ristrutturare i costi della testata e spostare le risorse verso il digitale», ha dichiarato Cebriòn lo scorso 5 ottobre. La notizia ha sconvolto il personale. I dipendenti hanno iniziato subito a protestare. Per primo lo “sciopero delle firme”. Infatti lo scorso mese, in alcuni giorni, gli articoli sono rimasti “anonimi”.
Per il comitato dei lavoratori sono possibili soluzioni meno drastiche come l’attivazione di prepensionamenti volontari e l’organizzazione di turni di astensione non retribuiti di tre mesi. Per Manuel Gonzàles, portavoce dei lavoratori, non si tratta di un problema economico, ma di una precisa ed egoistica strategia aziendale: «La causa dei licenziamenti non è economica. Cebriòn deve consegnare le nostre teste a Nicolas Bergruen [uno dei principali azionisti del fondo di investimento Liberty Acquisition Holding, ndr] a cui ha svenduto il controllo dell’azienda in cambio di uno degli stipendi più alti tra tutti i dirigenti europei». In effetti Cebriòn guadagnerebbe 13,6 milioni di euro all’anno. Inoltre El Pais sembra una testata in piena salute. Dal 2000 ad oggi ha totalizzato ricavi per circa 850 milioni. E ha un attivo di 1,8 milioni nel primo semestre del 2012. Tuttavia la società che lo edita, la Prisa, ha 3,5 miliardi di debiti. Ma non è sola nel fronteggiare il buco di bilancio. Bisogna precisare che la Prisa è partecipata dalla Liberty Acquisition Holding, dai gruppo bancari Santander e La Caixia, e dal colosso Telefònica.
Comunque la dirigenza e la proprietà non sembrano intenzionate a retrocedere. Tagliare è facile e dà “risultati” immediati. Ma i lavoratori non incasseranno il colpo in silenzio. Se non verranno prese in considerazione altre ipotesi, la prossima settimana, il 6, 7 e 8 novembre, il 92% del personale sciopererà. Quindi El Pais rischia di non uscire.
Ma la protesta ha già travalicato i confini aziendali. Come ci riferisce Il Manifesto, i dipendenti, domenica scorsa, hanno distribuito, personalmente, presso le edicole, una lettera di protesta (non pubblicata sul giornale) per sensibilizzare l’opinione pubblica. «Che ne sarà della qualità dell’informazione dopo il licenziamento di 109 giornalisti, tra i quali alcuni dei migliori della Spagna? In tal modo si rischia di compromettere anche la salute economica del giornale», ha affermato il portavoce Gonzàles.
In effetti si rischia di rompere una macchina che sta funzionando bene da oltre un decennio. E in questi casi il risparmio, interpretando un vecchio detto, rischia di danneggiare anche un futuro guadagno. Inoltre se l’obiettivo della dirigenza è l’apertura alla multimedialità, questa non dovrebbe contrastare con la presenza dei giornalisti, anzi. Bisogna ricordarsi che i contenuti, anche se veicolati attraverso un medium più moderno, sono sempre prodotti dal capitale umano.
Chissà se qualche consiglio non possa venire da altri Paesi. EPresse, la prima edicola online francese ha incluso nel suo portfolio altri 70 giornali. Si tratta, principalmente, di periodici e quotidiani nazionali. L’edicola digitale è in salute, visto che il prezzo delle testate è del 34% inferiore a quello cartaceo. Quindi EPresse ha pensato bene di ingrandirsi.
Se si pensa poi al boom dell’editoria digitale negli Usa, la “multimedializzazione” dell’informazione sembra un ottima decisione in prospettiva. L’Abc statunitense (l’Audit boreau of ciclulation), ovvero la società che monitora le vendite dei giornali, ha decretato, negli ultimi sei mesi del 2012, un incremento degli abbonamenti digitali. La diffusione delle edizioni online è passata dal 9,8% del totale, nel 2011, al 15,3% nel 2012. Al primo posto c’è il New York Times che, con 896 mila lettori online e con un incremento del 40,3% rispetto all’anno precedente, è al primo posto. Al secondo rimane Usa Today, nonostante un calo del 3,6%, con “soli” 86 mila abbonati online. Al terzo posto abbiamo il Wall Street Journal, con 794 mila “fedeli” telematici.
Chissà se tutti queste testate, per convertirsi al digitale, hanno licenziato.

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