ECCO COME IL DECRETO ROMANI UCCIDERÀ LA WEB-TV (Guido Scorza)

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Nelle scorse settimane l’AGCOM ha pubblicato due distinte delibere (nn. 258/10/CONS e 259/10/CONS)
per avviare delle consultazioni pubbliche su due schemi di Regolamento che il Decreto Romani l’aveva delegata ad emanare ed con i quali verranno decise le autorizzazioni che saranno necessarie per svolgere l’attività di fornitore di servizi media lineari ed a richiesta. Un ciclone di costi e burocrazia sta per abbattersi sul mondo delle micro-WebTV italiane e la sensazione è che solo poche potranno sopravvivervi.
Secondo il nuovo Regolamento concernente “la prestazione di servizi di media audiovisivi lineari o radiofonici su altri mezzi di comunicazione elettronica”, chiunque intenda esercitare l’attività di diffusione televisiva in IP streaming, WebTV o trasmissione in streaming tramite rete cellulare, all’indomani dell’entrata in vigore del Regolamento, dovrà richiedere un’apposita autorizzazione, versare 3000 euro ed attendere 60 giorni che l’Autorità valuti la propria richiesta e la approvi, respinga o, piuttosto, chieda chiarimenti. Davvero quello che ci vuole per promuovere, nel nostro Paese, l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e telematiche per lo sviluppo del pluralismo dell’informazione! E pensare che il Ministro Romani, nel difendere la propria creatura dalle ovvie preoccupazioni degli operatori dell’informazione in Rete, aveva più volte affermato che ottenere l’autorizzazione non sarebbe stato più complicato che comunicare al Comune l’inizio di una qualsiasi attività.
Non andrà meglio ai fornitori di servizi media a richiesta ovvero ai fornitori di “un servizio di media audiovisivo… per la visione di programmi al momento scelto dall’utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media”. Il Regolamento, infatti, prevede che la DIA, cui sarà effettivamente assoggettato l’esercizio di tale attività, debba essere completa della medesima valanga di carta necessaria per l’istanza di autorizzazione di cui si è detto ed accompagnata dalla prova del pagamento degli stessi 3000 euro.
Ma la richiesta di autorizzazione o, piuttosto, la dichiarazione di inizio attività costituisce solo il primo ostacolo da superare per chi, nel 2010, ambisca fare informazione o intrattenimento online attraverso la fornitura di servizi audiovisivi. I due schemi di Regolamento, infatti, prevedono che i fornitori di tali soggetti debbano conservare per tre mesi copia integrale dei contenuti diffusi al pubblico completa di tutta una serie di informazioni integrative e li assoggettano al rispetto delle stesse regole – introdotte nel nostro Ordinamento dal famigerato Decreto Romani – in termini di diritto d’autore, comunicazioni commerciali audiovisive, promozione dell’audiovisivo europeo, tutela dei minori, obbligo di rettifica e, soprattutto, sanzioni. Con l’ovvia conseguenza che, domani, ad una micro-WebTV sbagliare potrebbe costare più o meno quanto oggi costa alla RAI, con la differenza però che per la prima il pagamento della sanzione costituirebbe l’ultimo istante di un sogno di impresa o passione mentre per la seconda è poco più che un elemento integrante e, forse, neppure più considerato patologico, del rischio di impresa.

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