E’ PROSSIMA LA RIFORMA SULLE INTERCETTAZIONI TELEFONICHE

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Silvio Berlusconi le aveva annunciate più volte nel corso della campagna elettorale, e, ora, tornato a Palazzo Chigi, intende rimettere mano alle norme che consentono ai magistrati di ‘spiare’ le conversazioni telefoniche. Ma rispetto ai duri annunci fatti in campagna elettorale, il governo sembra disposto a cercare un punto di incontro, prima di tutto, con le esigenze investigative. E anche con l’opposizione. Tant’é che il nuovo testo che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha dato incarico di predisporre agli uffici del suo dicastero avrà come base di partenza due vecchi ddl: quello varato dal governo Berlusconi nel 2005 (dopo il caso delle intercettazioni del governatore di Bankitalia Antonio Fazio e dei protagonisti della scalata Antonveneta), e quello varato dal governo Prodi nel 2006 all’indomani della bufera Calciopoli.
Maurizio Belpietro, conferma che è intenzione del governo limitare le intercettazioni ai reati più gravi mettendo fine al “cattivo costume di vedere registrate e lasciate agli atti telefonate che nulla hanno a che fare con le indagini per poi vederle, per giunta, pubblicate sui giornali. Tenendo presente che le intercettazioni costano, allo Stato, più di 300milioni di euro l’anno”. Poi un segnale di apertura all’opposizione: “Vi è una legge della scorsa legislatura da attuare – afferma il ministro – che é quella del sistema unico delle intercettazioni”.
Secondo Lanfranco Tenaglia (Pd) le intercettazioni non sono una priorità ma “se il governo volesse insistere sul tema, ci sarebbe allora l’esperienza della riforma Mastella che potrebbe essere una buona base di partenza”.
Il ddl del governo Prodi prevedeva, oltre la riduzione dei centri di ascolto da 163 a 26, anche il divieto di tutti gli atti di indagine (anche in sintesi) almeno fino all’inizio del processo, pena l’arresto fino a 30 giorni o l’ammenda da 10mila a 100mila euro (contro l’attuale ammenda da 51 a 258 euro; carcere da sei mesi a quattro anni per tutti i giornalisti che mettono in pagina informazioni raccolte illecitamente. Il ddl del governo Berlusconi datato 2005 vietava la pubblicazione degli atti non più coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari; pena pecuniaria fino a 5mila euro per il giornalista (che rischia anche la sospensione dall’ordine) e per l’editore (che a seconda della tiratura può arrivare a pagare fino a un milione e mezzo di euro).
Fabiana Cammarano

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