DOPO I TAGLI ALL’EDITORIA CI MANCA SOLO CHE IL GOVERNO RIPRISTINI LA STEFANI

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Dopo la scomparsa dei diritti soggettivi mi è sorto un dubbio. Che Bonaiuti stia pensando a ripristinare la Stefani? Mai dire mai. Ormai possiamo aspettarci di tutto.

Facciamo un esempio semplice semplice, per permettere a tutti di capire meglio di cosa stiamo parlando. Immaginiamo di vivere nel Paese dell’Informazione, dove esistono 10 imprese private che fanno informazione, 3 tv e 7 giornali. Queste 10 imprese operano in condizioni di mercato del tutto libero, e vivono esclusivamente delle vendite: di pubblicità e, per i giornali, delle copie.

Gli inserzionisti pubblicitari, che guardano al portafoglio, decidono di investire tutti i loro soldi in televisione, perché il pubblico guarda quella e legge poco. I 7 giornali protestano duramente, dicendo che così li si costringe a chiudere, con perdita di pluralismo.
Segue quindi il primo intervento del legislatore a correggere il mercato editoriale: per legge, almeno un quarto degli investimenti pubblicitari dovrà finire alla stampa. Ma anche così i 7 giornali arrancano, stremati dalla concorrenza televisiva. Cinque di loro trovano subito la soluzione: diventare attraenti, come la televisione, o quasi. Inseguirla a colpi di informazione spettacolarizzata, gridata, intrisa di gossip e di gadgets. Diminuisce la qualità dell’informazione, ma aumentano i lettori, e i bilanci tornano a quadrare, anzi diventano floridi, per la gioia degli editori.
E gli altri 2 giornali? No, quelli hanno deciso di non compromettere la qualità della loro informazione, e di continuare a privilegiare l’approfondimento e l’inchiesta, per quanto meno attraenti per il pubblico, che infatti diminuisce, e con esso gli investimenti pubblicitari. I bilanci iniziano ad avere buchi enormi e allora i 2 giornali decidono di farsi sentire, perché la loro chiusura significherebbe perdita di pluralismo.
Ed ecco il secondo intervento del legislatore a correggere il mercato editoriale. I 2 giornali hanno ragione, meritano un finanziamento pubblico. Cioè, meritano che la collettività decida di contribuire alla loro esistenza come si contribuisce all’esistenza del trasporto pubblico o del servizio di approvvigionamento di acqua nelle case.

Il finanziamento all’editoria nasce dunque dall’esigenza di finanziare chi decide di non trattare l’informazione come una merce al pari delle altre, per permettere anche a tali soggetti di farsi udire. Il finanziamento pubblico all’editoria, quindi, di per sé, non è qualcosa di negativo. Tutt’altro. Senza di esso, rimarrebbero udibili solo le voci di chi confeziona un’informazione attraente, dipendente dagli imperativi del mercato, non importa se di qualità o meno.
L’articolo 21 della Costituzione prescrive che tutti abbiano «il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», ma oggi esistono forme di censura più subdole, meno avvertite, di quelle che tradizionalmente caratterizzano i sistemi non democratici. Oggi è debole e compromessa la stessa consapevolezza di quelli che sono i nostri diritti irrinunciabili, si è affievolita la capacità di sapere e comprendere ciò che ci rende pienamente cittadini.Se il mondo dell’informazione è spesso dipendente dai centri del potere economico e finanziario, e tende a concentrarsi in poche – anzi pochissime – mani, è la stessa libertà di espressione a essere minacciata. Quando c’è opacità e mancanza di vero pluralismo, l’informazione può facilmente diventare uno schermo dietro al quale vengono tutelati privilegi e anche ingiustizie, e così pure possono prosperare indisturbati i poteri illegali, se non direttamente criminali. Per fortuna, la lista degli operatori dell’informazione che, pur nel precariato esistenziale ed economico, è ancora lunga e per fortuna continuano nonostante tutto a credere e a operare affinché informazione e libertà viaggino sempre assieme, indissolubilmente intrecciati. Ma fino a che punto?
Ecco, tutto questo tra poco non ci sarà più. Ci manca solo che il Governo stia pensando di ripristinare l’agenzia Stefani e mettergli a capo, uno a caso, ad esempio Emilio Fede, ed il gioco sarà fatto. Insomma basterà fare in modo che la notizia scomoda, come la mafia di un tempo, non esista e gli italiani torneranno ad essere santi, poeti e navigatori, si perchè probabilmente si inverterà la rotta della migrazione, dall’Italia si andrà in Libia in gommone per chiedere asilo politico all’immortale Gheddafi.

Questo è troppo. Buone vacanze a tutti. (IZ)

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