Diritto all’oblio. Inizia la nuova era di Google. Dall’Italia seimila richieste di cancellazione

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Google ha aggiornato la sua tecnologia per cominciare da ora la rimozione dei risultati di ricerche su Internet nel rispetto della decisione della magistratura europea sul «diritto a essere dimenticati». Ieri mattina i tecnici di Google hanno cominciato a inviare agli utenti le prime e-mail di conferma che le loro richieste di cancellare specifiche informazioni personali dai risultati offerti dal motore di ricerca nel Vecchio continente sono state accolte e messe in atto. Soltanto una piccola parte delle richieste è stata finora esaminata. Un portavoce dell’azienda ha tuttavia confermato al Wall Street Journal che «questa settimana abbiamo iniziato le azioni di cancellazione sulle richieste che abbiamo ricevuto». Ogni richiesta viene valutata individualmente per soppesare il diritto alla privacy e quello del pubblico a essere informato, un processo che richiede tempo. Al mese scorso Google aveva ricevuto 41.000 domande di rimozione di informazioni attraverso un documento via Web predisposto dalla stessa società.
Ma attenzione, al punto 99 della sentenza  la Corte di Giustizia Europea sottolinea come invece debbano rimanere disponibili su Google i link ad articoli relativi ad esempio a casi criminali o personaggi pubblici:  la richiesta di rimozione “non si applica in quei casi in cui contrasta con l’interesse generale del pubblico ad avere accesso alle suddette informazioni”. E questo anche se dovesse interferire con i diritti fondamentali del richiedente. Insomma: il signor Mario Costeja González si è visto cancellare il link perché puntava a un episodio irrilevante della sua vita, ma la Corte di Giustizia non sta autorizzando la rimozione di collegamenti ad articoli o post riguardanti pedofili e malefatte di politici, come si è detto in un primo momento.  E in ogni caso qui la valutazione è sempre opinabile:  non si tratta infatti di quei casi – più gravi – in cui il testo contiene errori, menzogne o calunnie, che sono legalmente perseguibili e possono portare a rettifiche o risarcimenti. L’articolo incriminato rimane infatti online, solo non è indicato nei risultati delle ricerche effettuate a partire da Google (che gestisce il 95 per cento delle ricerche sul web in Europa). La rimozione, dunque, è più fittizia che reale. Il link infatti non sarà disponibile su google.it, google.fr, google.es o google.de ma sarà regolarmente accessibile dal motore di ricerca interno del sito dove è stato pubblicato. Ma è già polemica.  Un noto giornalista della Bbc, Robert Peston, ha aspramente criticato Google per aver deciso di eliminare dal suo archivio – dopo avviso – un post dell’editorialista risalente all’ottobre 2007 in cui criticava il banchiere di Wall Street Stanley O’Neal. Peston ha dichiarato che così si “uccide” il giornalismo. Accuse arrivano anche dal Guardian secondo cui sei articoli sarebbero stati rimossi dai risultati della ricerca. Il risultato dell’intervento di Big G è che chiunque, all’interno dell’Unione europea, provi a cercare gli articoli sul motore di ricerca non riuscirà a ritrovarli. Successivamente, secondo quanto riportato dal Financial Times e dall’agenzia Reuters, Mountain View avrebbe riattivato i link ad alcuni articoli del Guardian.

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