DIRITTO ALL’OBLIO: È LECITO, MA SOPRATTUTTO È POSSIBILE?

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Le notizie vanno aggiornate e contestualizzate. Lo dice la Cassazione. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare magum della rete. Diritto all’oblio? Sì, ma rispettando l’informazione. Intanto al parlamento europeo sta nascendo una riforma sulla tutela della privacy.
Innanzitutto cerchiamo di capire cos’è il sopracitato diritto all’oblio capendone lo “stato dell’arte”.
L’argomento non è semplice. Non mancano pareri discordanti tra tribunali e Cassazione. Inoltre la garanzia all’oblio è diversamente applicata a seconda degli ordinamenti statali.
Tale diritto prevede, per l’interessato, la non diffondibilità di precedenti notizie sul proprio conto. In genere si invoca per precedenti poco lusinghieri, quali condanni, accuse o altri dati personali “sensibili”. Il tutto è derogabile nel caso in cui ci sia un’intersezione con nuovi fatti di cronaca e di interesse pubblico.
La giurisprudenza ha confermato che «è riconosciuto un “diritto all’oblio”, cioè il diritto a non restare indeterminatamente esposti ai danni ulteriori che la reiterata pubblicazione di una notizia può arrecare all’onore e alla reputazione, salvo che, per eventi sopravvenuti, il fatto precedente ritorni di attualità e rinasca un nuovo interesse pubblico all’informazione».
La Cassazione si è recentemente espressa sulla relazione tra diritto all’oblio e tutela dell’informazione, ma lo ha fatto con un obbligo di difficile gestione.
I titolari dell’organo di informazione avranno l’obbligo di contestualizzare e aggiornare le notizie. Il tutto tramite una «predisposizione di un sistema idoneo a segnalare la sussistenza di un seguito e quale esso sia stato […], consentendone il rapido ed agevole accesso da parte degli utenti al fine del relativo adeguato approfondimento». In poche parole gli archivi andranno continuante aggiornati.
La sentenza ha riguardato uno dei maggiori quotidiano nazionali: il Corriere della sera.
Il caso è relativo ad un arresto del 1993, ai tempi di Tangentopoli. Un assessore di un comune della provincia di Milano fu arrestato per corruzione. Il Corriere ne fece un articolo. Poi l’interessato fu assolto, ma la notizia del suo arresto rimase ed è ancora reperibile. L’uomo chiese la cancellazione delle sue tracce nell’articolo. Sia il garante della privacy che il tribunale di Milano gli diedero torto. La Cassazione ha invertito la rotta, o almeno in parte. Cerchiamo di capire cosa ha stabilito il giudice di legittimità. Innanzitutto non c’entra nulla la diffamazione o l’eventuale lesione alla reputazione in quanto la notizia era vera. Quest’ultima, anche se datata, non va assolutamente cancellata perché riguarda un fatto di pubblica utilità. Il pezzo ha comunque “fotografato” un evento accaduto e non ha senso, sempre secondo la Corte, “nascondere” l’articolo ai motori di ricerca. Tuttavia bisogna che il titolare dell’archivio aggiorni e contestualizzi l’accaduto dandone una “completezza storica”.
Un compito arduo. I media che si occupano di giudiziaria dovrebbero, come ha recentemente scritto Il Sole 24 Ore, trasformarsi in assidui controllori dei tribunali allestendo «una sorta di 90° Minuto della giustizia».
Cambiano per un attimo prospettiva e immaginiamo che un soggetto abbia il permesso di far cancellare le proprie tracce su Internet. Ebbene, non è detto che ci riesca. Facciamo un esempio tratto da Il Sole 24 Ore del 6 aprile. Elisabetta Tuliani, attuale moglie di Gianfranco Fini, ha chiesto di cancellare immagini e notizie che la ritraevano in compagnia d Gaucci. Permesso accordato. Tuttavia si trova ancora un video “compromettente”. Far sparire il proprio passato da Internet è un’impresa titanica.
Certo, si può modificare l’algoritmo del motore di ricerca per rendere meno visibile la notizia, magari relegandola alla terza, quarta pagina dei risultati. Tuttavia la cancellazione è quasi impossibile.
Per quanto riguarda le notizie presenti nei database dei giornali, la situazione, se è possibile, si complica ancora di più. Orami le news viaggiano indisturbate tramite link su Facebook, tweet, e blog. Riuscire a scovarle e a bloccarle, teoricamente sarebbe anche possibile, ma nella prassi non lo è. «Dio perdona, la rete no», ha affermato il commissario europeo che ha scritto la riforma della privacy e del trattamento dei dati personali, Viviane Reding. Di tale riforma parleremo tra poco. Anche Vint Cerft, uno dei padri di internet, crede che il diritto all’oblio non sia praticabile.
Una soluzione più incisiva sarebbe quella della cancellazione coatta di pagine web e dell’apposizione di speciali filtri. Roba da Paesi autoritari. Il gioco non varrebbe la candela.
Anche Vint Cerft, uno dei padri di internet, crede che il diritto all’oblio non sia praticabile.
Ma torniamo alla riforma della Reding. Il commissario europeo ha preparato un provvedimento atto a chiarire la situazione. Tale provvedimento (che in realtà si divide in due parti) riguarda la protezione di dati sensibili: provvedimenti giudiziari, misure di sicurezza e polizia. «Prevede obblighi di comunicazione del trattamento dei dati molto tutelanti per chi è stato oggetto di attenzioni da parte delle autorità» racconta il nostro garante della privacy, Francesco Pizzetti, che ha svolto un ruolo centrale nel gruppo di lavoro europeo. In poche parole i dati altrui dovranno essere maneggiati con cautela. Una curiosità: la pubblica amministrazione e le imprese con più di 50 dipendenti dovranno dotarsi di un “data protection officer”. Si tratta di una nuova figura professionale capace di “blindare” i dati personali. Il tutto andrebbe anche a rafforzare il diritto all’oblio. Il provvedimento ha iniziato il suo iter a febbraio e dovrebbe unificare la normativa europea sull’argomento. Tuttavia il cammino si annuncia problematico.
«La disciplina europea proposta dalla Reding è apprezzabilissima, ma sul diritto all’oblio non ci siamo. Se consentiamo a chiunque di pretendere la rimozione di un contenuto sgradito che lo riguarda, tra 100 anni quando guarderemo a questa epoca attraverso Internet sembreremo tutti bravi e buoni. Le storie di corrotti e delinquenti saranno sparite», afferma Guido Scorza, un noto giurista del web.
Sempre se si riuscirà a corrodere la memoria di Internet. La rete non dimentica niente, disse un blogger di nome Joseph Daniel Lasica nel lontano 1998. Annotate questa frase in un angolo della rete, tanto per essere sicuri di non dimenticarla.
Egidio Negri

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