Editoria

Ddl intimidazioni, stralciata la norma sulla diffamazione

Arriva lo stralcio per la criticata norma sulla diffamazione presente nel Ddl a firma Lo Moro sul contrasto alle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali.  Lo ha annunciato il senatore del Pd, Giuseppe Cucca, il quale ha chiarito che lo stralcio è stato effettuato per evitare strumentalizzazioni e impedire che la norma andasse ad intaccare l’impianto del disegno di legge. Per questi motivi è stato tolto ogni riferimento alla diffamazione e all’art.595 del Codice penale.

E’ una buona notizia anche per il presidente del Senato Pietro Grasso. Per quest’ultimo la norma era in contrasto con gli orientamenti assunti dalla Commissione Giustizia. Grasso, anzi, ha auspicato la ripresa dei lavori per il ddl sulla diffamazione a firma Costa, perso nei meandri di Palazzo Madama. Il ddl Costa prevede l’abolizione del carcere per i giornalisti.

Soddisfazione arriva ovviamente anche dall’FNSI. Raffaele Lorusso e Beppe Giulietti, rispettivamente segretario generale e presidente della federazione, hanno invocato anch’essi un “ripescaggio” del ddl Costa. La FNSI spera anche in disposizioni legislative contro le cosiddette querele temerarie, presentate appositamente per intimidire i giornalisti, che hanno un effetto distruttivo sulla libertà di stampa.

Perché tanto scalpore? La nuova norma era destinata a diventare l’art.339 bis del Codice. Prevedeva l’aumento del massimo della pena, da 6 a 9 anni,  per i giornalisti che diffamassero amministratori pubblici. Introduceva quindi una disparità di trattamento tra gli amministratori pubblici e il resto della popolazione. Una modifica che sembrava contraria allo stesso dettato costituzionale.  Inoltra non colpiva solo atti intimidatori di natura ritorsiva, come più volte affermato dallo stesso Cucca. La precisazione sulla ritorsione compariva nel titolo, ma non nell’articolo incriminato.  In base a quest’ultimo la diffamazione aggravata si  sarebbe configurata anche quando la reputazione altrui non fosse stata lesa con finalità ritorsive. Mancava, perciò, l’indicazione fondamentale del dolo specifico, senza la quale qualsiasi giornalista sarebbe stato a rischio.  

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