Categories: Giurisprudenza

DIFFAMAZIONE PER LE AGENZIE STAMPA/ SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Per la configurabilità del reato di diffamazione a mezzo stampa, parole o frasi vanno valutate nel loro momento dinamico, considerando quindi anche il contesto in cui le stesse sono state pronunciate.

Con tale sentenza, il giudice di legittimità ribadisce innanzitutto quanto sostenuto dalla Corte già precedentemente (cfr. Cass., sez. civ., 31.01.2008 n. 2406 e Cass., sez. civ., 17.10.2006, n. 38932), ovvero che al Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) è attribuito un diritto di informazione ex art. 21 Cost., ogniqualvolta sia evidente “l’utilità sociale della conoscenza dei fatti e delle opinioni”.

Tale riconoscimento trova giustificazione nel fatto che i comunicati-stampa, mediante i quali si diffondono le suddette notizie, sono diretti a contribuire alla formazione dell’opinione pubblica in tutte le problematiche di interesse generale, su cui vertono le finalità istituzionali del Codacons (trattasi, in particolare, azioni a difesa dell’ambiente e tutela dei diritti di utenti e consumatori).

I comunicati stampa di cui sopra sono regolati dalla legge 8 febbraio 1948, n. 47 – Disposizioni sulla stampa (in Gazz. Uff. 20 febbraio 1948, n. 43), in quanto il soggetto da cui promanano svolge una funzione di agenzia di informazione, le cui comunicazioni sono «destinate alla pubblicazione». L’art. 1 della citata legge, infatti, così dispone “Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”.

Conseguentemente, una condotta integrante l’illecito di diffamazione consumato mediante tali comunicati stampa integra l’illecito di diffamazione a mezzo stampa. In particolare, il bene giuridico della reputazione altrui può essere leso sia da frasi a contenuto oggettivamente offensivo considerate in via autonoma, sia da parole pronunciate in un contesto tale da determinare il carattere diffamatorio in quanto allusive e percepibili dall’uomo medio (in riferimento a tale puntualizzazione la Corte richiama Cass. Pen., Sez. V, 26 marzo 1998, n. 9839).

In conseguenza di ciò, il giudice di legittimità sottolinea la necessità che le parole siano considerate nel “momento dinamico” della loro diffusione, sia per il contenuto, sia per il contesto in cui sono pronunciate, di tal che la configurazione dell’illecito è strettamente legata al significato finale attribuito a quelle medesime parole.

Il giudice del merito, quindi, può limitarsi all’accostamento delle notizie diffuse qualora non emerga un significato ulteriore e in aggiunta a quello semplicemente attribuito se considerate autonomamente.

Se invece dall’analisi sistematica delle frasi emergono altri significati, allora, secondo il giudice di legittimità, occorre rivolgere l’attenzione al risultato finale, ovvero alla carica diffamatoria che connota l’insieme delle frasi pronunciate.

In particolare, se il risultato finale dia luogo ad una notizia nuova si deve sondare la verità di quanto diffuso e nel caso sia accertata la non verità del fatto, potrà configurarsi uno degli elementi del reato di diffamazione.

Del resto, la verità della notizia, ovvero la sua corrispondenza al fatto concretamente verificatosi, costituisce elemento caratterizzante il diritto di cronaca, quale esimente della responsabilità risarcitoria aquiliana per lesione della reputazione.

Sulla base di un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, infatti, sia per gli aspetti penali, sia per quelli civili, in tema di reato di diffamazione con il mezzo della stampa, perché l’esercizio del diritto di cronaca possa dirsi giustificato occorre avere riguardo alla verità della notizia al momento della sua diffusione (cfr., ad es., sentt. nn. 7876 del 1987 e 7843 del 1990 della sez. V), (cfr., ad es., sentt. nn. 9365 del 1991 e 4871 del 1995).

Da tale enunciato, consegue che l’eventuale discrepanza tra la notizia diffusa e il fatto realmente accaduto potrebbe rendere invocabile l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca e quello effettivamente accaduto non esclude che possa essere invocata la esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, soprattutto quando si sia verificata una erronea percezione della realtà da parte di colui che abbia divulgato la notizia, nonostante risulti adempiuto il dovere di controllo delle fonti da cui la notizia sia stata appresa (Sul punto, cfr., Cass., sez. civ., 26.10.1987, n. 7876; Cass., sez. civ., 04.09.1991, n. 9365; Cass., sez. civ., 05.05.1995, n. 4871).

Con riferimento alla fattispecie concreta e sulla base delle considerazioni suindicate, il giudice di legittimità ha ritenuto di cassare con rinvio la sentenza impugnata, in quanto il giudice di prime cure nella sua pronuncia non ha effettuato una valutazione complessiva del comunicato stampa e non ha tenuto in debito conto il contesto in cui lo stesso è stato diffuso, ma si è limitato a considerare solo il fatto in sé.

Nella specie, un’associazione dei consumatori diffondeva la notizia di un preteso abuso da parte del comandante dell’aeromobile in danno dei passeggeri-utenti nel contesto di una denunzia della pratica dell’overbooking di una compagnia aerea. (Cassazione civile Sentenza, Sez. III, 13/01/2009, n. 482)
Luisa Anna Magri

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