Giurisprudenza, il direttore della testata è responsabile per la mancata rimozione del contenuto diffamatorio

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Una recente sentenza della Cassazione Penale ha chiarito la natura della responsabilità del direttore di una testata online per articoli diffamatori pubblicati in maniera anonima. Il verdetto è particolarmente rigido: il direttore è responsabile se non li rimuove tempestivamente. Criterio di valutazione della responsabilità del direttore è quindi il tempo di permanenza online, che, se particolarmente duraturo, lascia presumere una voluta inattività da parte del responsabile della testata. Inoltre non può costituire causa di giustificazione l’impossibilità di accertare in via preventiva il contenuto dell’articolo pubblicato. Il reato dura fino a quando l’articolo non viene rimosso. La Cassazione penale ha comunque pronunciato la sua massima nel rispetto della pronuncia delle Sezioni Unite per la quale il direttore non può essere considerato responsabile anche per i commenti postati dall’utenza. Il verdetto della Suprema Corte ha ribaltato del tutto quello del secondo grado: i giudici della Corte d’Appello avevano negato la responsabilità del direttore, motivando le loro argomentazioni in base alla tutela del diritto alla cronaca e alla impossibilità di equiparare il giornale digitale e quello cartaceo. Per gli ermellini, invece, tale assimilazione è pertinente e non giustifica disparità di trattamento.
Il provvedimento della Cassazione si inserisce nel solco di altri relativi alla figura del direttore di testata. Nel novembre 2016 la Cassazione ha chiarito che la responsabilità del direttore per pubblicazione diffamatoria è a titolo di colpa e non di responsabilità oggettiva. Questo ascrive al giudice l’obbligo di spiegare le ragioni per cui ha ritenuto inidoneo il controllo esercitato dall’agente, avendo riguardo al contenuto dell’articolo pubblicato e al comportamento del suo autore. Anche un’altra sentenza della Cassazione Penale, risalente al gennaio 2017, ha certificato la responsabilità del direttore per omesso controllo sul materiale denigratorio pubblicato. In base a tale pronuncia l’omissione si ha per mancata verifica: della fondatezza delle informazioni, dell’esistenza del mittente e della riferibilità dello stesso per lo scritto fatto pervenire in pubblico. La stessa Cassazione Penale, nel settembre 2017, ha affermato che il direttore di periodico online può concorrere nella diffamazione commessa mediante pubblicazione di articolo a firma anonima. In questo caso servono, però, il consenso e l’adesione al contenuto dello scritto diffamatorio.

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