Sembrava che la questione si fosse chiusa. E che si potesse tirare un sospiro di sollievo. Invece Paola Taverna prima e il ministro Luigi Di Maio poi ribadiscono come i tagli all’editoria italiana rappresentino un obiettivo primario del governo che si picca di voler rappresentare il cambiamento.
La parlamentare Taverna aveva dichiarato, a mezzo Facebook, l’intendimento suo e del suo partito a Cinque Stelle: “I contributi ai giornali nel 2017 ammontano a circa 60 milioni di euro. Nel 2019 li dimezzeremo e nel 2020 spariranno del tutto. Tra rimborsi e spese in 2 anni risparmieremo oltre 100 milioni di Euro. Noi non arretriamo!”. Lo status risale al pomeriggio di ieri. Non passano nemmeno ventiquattro ore e arriva la mannaia del giornalista pubblicista Luigi Di Maio, nonché ministro pro tempore al Lavoro, che, sempre dalla piattaforma social, tuona: “I tagli all’editoria li vedrete nella legge di bilancio nei prossimi giorni. Non li abbiamo approvati in consiglio dei ministri perché stiamo vedendo bene le norme: qualcosa sarà aggiunto con emendamento nella piena autonomia del Parlamento”.
Non ha paura, Di Maio, nemmeno di far infuriare la Lega che pure aveva preso le parti delle piccole testate, quelle che saranno (davvero) penalizzate dai tagli che il governo ha intenzione di fare: “La Lega ha difeso le testate locali che spesso raccontano il Paese molto meglio dei giornali nazionali – dice Di Maio -. Ma vanno finanziati in maniera meritocratica: voglio investire magari per far nascere nuovi giornali e non per tenere quelli che restano aperti solo per prendere i finanziamenti”
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