Decreto legge “fantasma”: ecco che fine ha fatto il fondo a favore della lettura.

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Un’attesa inutile
Un fondo a favore della lettura che preveda lo stanziamento di 50 milioni di euro mediante la detrazione del 19% sull’acquisto di libri fino a 2.000 euro (1.000 per i testi scolastici e 1.000 per tutti gli altri): non si tratta di una nuova proposta del governo per incentivare la lettura, ma di un decreto (il D.L. 145/2013 ) che in Italia c’è già, da quasi un anno, solo che è quasi impossibile accedervi. Le modifiche del governo, infatti, hanno fatto segnare una vera e propria debacle, causata dalla “solita” mancanza di copertura finanziaria.
Ma procediamo con ordine.
Correva l’anno 2013 e più precisamente il 23 dicembre, quando nell’ambito del Decreto Destinazione Italia, per il triennio 2014-2016 il governo approvò un fondo erogabile sotto forma di credito d’imposta per l’acquisto di libri scolastici e non (compresa la versione digitale), al fine di “incentivare” la lettura nel Belpaese.
Nato con le migliori intenzioni, tutti i privati cittadini ne dovevano beneficiare ma, a distanza di 1 anno dalla sua approvazione e dopo le dichiarazioni del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, il sostegno del governo che doveva contribuire in maniera decisiva “all’acquisto e alla diffusione dei libri”, oggi sembra naufragato nel nulla, nel senso che non si sa esattamente che fine abbia fatto.
Allo stato attuale, di sicuro c’è che sia riuscito a deludere le aspettative di tutti: librai da una parte e consumatori dall’altra, vediamo insieme perché.

Decreto legge 145/2013: un iter parlamentare confuso e senza sbocchi.
Il provvedimento fu accolto con favore bipartisan visto e considerato che, rispetto agli altri stati del Vecchio Continente, l’Italia occupava (ed occupa) uno degli ultimi posti.
La mission era quella di dare uno scossone alla crisi, segnando la rinascita e la ripresa dell’intero comparto, editori e librai in testa.
Ma, nonostante i buoni propositi (dei quali è lastricato perfino l’inferno!), qualcosa è andato storto e il successivo dietrofront è stata l’ennesima occasione mancata per il rilancio di un’attività tanto importante quanto strategica, come quella dell’editoria libraria.
Successivamente la norma, riveduta e corretta, ha convertito il credito d’imposta in un voucher che, in un primo memento si era detto ad appannaggio degli studenti della scuola media superiore, circa 2,7 milioni di ragazzi.
In un secondo momento, invece, con buona pace delle famiglie italiane, si è diffusa la notizia che il voucher non era più da destinare ai libri scolastici bensì a tutti gli altri testi per i quali il bonus prevedeva uno sconto immediato del 19% convalidato direttamente dal libraio al momento dell’acquisto.
Il negoziante, poi, avrebbe recuperato l’ammontare dei voucher l’anno successivo, attraverso la dichiarazione dei redditi.
Ma, dando voce agli addetti ai lavori, in entrambi i casi, della norma non si è più occupato nessuno e non è mai diventata esecutiva.

Un provvedimento senza futuro ma i librai lo avevano già capito!
Come ha sottolineato Giulia Pironti, co-titolare della storica libreria napoletana, questo provvedimento non poteva essere accolto perché il margine di guadagno (per quel che attiene ai testi non scolastici) al netto supera di poco 20% e, in un momento come questo, caratterizzato da un netto calo delle vendite, sarebbe impossibile anticipare soldi, tanto più se per il recupero bisognerebbe aspettare i tempi biblici dello Stato.
Senza contare che, con l’avvento di internet sono sempre più numerosi gli editori che stanno progressivamente trasferendo i loro interessi sull’e-commerce ed alcuni testi in libreria non ci arrivano proprio.
Ovvio il malcontento anche dell’ALI, Associazione Librai Italiani e di tutti suoi affiliati che lamentano tale distacco visto che l’utente, stando comodamente seduto davanti al pc, ha l’opportunità di sfruttare a suo vantaggio un assortimento maggiore, prezzi più bassi del punto vendita tradizionale, e la consegna a domicilio.
A tal proposito, Giorgio Lieto, vicepresidente ALI, teme che la concorrenza sleale delle piattaforme on line più popolari, Amazon in testa, determini, nel breve e medio termine, la chiusura di tantissime librerie già oggi in sofferenza, fenomeno che purtroppo è già iniziato con gravi ripercussioni in termini occupazionali.
Il vicepresidente, inoltre, avendo rapporti istituzionali direttamente con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, per quanto riguarda il credito d’imposta ritiene ormai “nullo il decreto di riferimento” perché, al momento sarebbe tutto fermo tanto che, non essendoci fondi disponibili, non sono stati emessi nemmeno i decreti attuativi.
L’iniziativa, ormai agonizzante, non può contare neanche sul sostegno degli Enti locali come Regione o Comune che, nella loro agenda, non dimostrano di avere questa priorità.
Come dire: “lasciate ogni speranza o voi che entrate!”

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