DDL DIFFAMAZIONE, ARRIVA L’EMENDAMENTO ANTIGABANELLI: IL GIORNALISTA È “NUDO”, NIENTE PIÙ “MANLEVA”

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A lavori in corso per l’approvazione del dll diffamazione, nato con l’obiettivo di eliminare il carcere ai giornalisti, spunta un emendamento del Pdl che annulla tutte le clausole che sollevano i giornalisti dalle conseguenze patrimoniali a seguito di eventuali cause civili. Milena Gabanelli, conduttrice di Report, non ci sta e attacca: «È un emendamento nazista». E Caterina Malavenda, avvocato esperto in diffamazione, rincara la dose: «È una mannaia inquietante per i giornalisti». Per Pancho Pardi, senatore dell’Idv: «Si tratta della solita censura berlusconiana». Giacomo Caliendo, autore del testo, ribatte: «La norma tutela i giornalisti. Inoltre basterà la rettifica per evitare ogni processo».
Insomma: dal ddl salva Sallusti al cosiddetto anti Gabanelli il passo è breve. Bastano poche righe di un “correttivo”. Una clausola annullata e il gioco è fatto.
Il testo, battezzato “anti-Gabanelli” dal nome della conduttrice di Report, programma di inchiesta in onda su Rai Tre spesso al centro di querele e richieste di risarcimento danni, è stato formulato dal senatore pidiellino, Antonio Caruso, estraneo alla commissione Giustizia del Senato. Quindi ripreso da Giacomo Caliendo, altro senatore in forza al partito del Cavaliere che ha accolto l’idea del collega di palazzo Madama.
Il provvedimento mira a far sparire, da un giorno all’altro, la cosiddetta “manleva”. In altre parole i giornalisti sarebbero scoperti contro le richieste di risarcimento relative alle cause civili. Di solito sono gli editori che se ne fanno carico, previa una clausola nel contratto. Qualora, invece, passasse la nuova norma, toccherebbe anche ai giornalisti mettere mano alla tasca.
Ma ecco cosa recita l’emendamento: «Sono nulle, ai sensi dell’art. 1418, terzo comma del Codice civile, le clausole contrattuali in forza delle quali gli autori dei reati di diffamazione sono sollevati, in tutto o in parte, dagli oneri derivanti dal pagamento delle pene pecuniarie loro comminate a seguito dell’accollo degli stessi [riferito agli oneri, ndr] da parte del proprietario o dell’editore». E tale norma varrebbe per tutti i “tipi” di giornalisti, sia free-lance che dipendenti.
Addirittura nella prima formulazione del testo, redatto solo dal senatore Caruso, era previsto il licenziamento del giornalista, in caso di recidiva del reato di diffamazione. Ma questa parte del testo è stata soppressa da Caliendo.
Dura, durissima la reazione di Milena Gabanelli, il cui contratto con la Rai è stato in forse per molto tempo, proprio a causa delle querele a raffica attirate dal suo programma per i temi delicati e spesso scottanti di cui si è occupato in tutti questi anni. La televisione di Stato non voleva concedere un contratto comprensivo della clausola in questione. E la conduttrice di Report non voleva firmarne uno senza un “paracadute” contro eventuali richieste spropositate di risarcimento danni. Alla fine viale Mazzini ha rinnovato l’accordo. Ma se l’emendamento dovesse essere integrato nella legge, simili clausole diventerebbero nulle dall’oggi al domani. E il paracadute finirebbe con il rimanere chiuso.
«Il nazismo iniziò così« tuona la Gabanelli. «Nel diritto anglosassone – rilancia – i giornalisti vengono protetti. La libertà di stampa è salvaguardata. In questo caso si lascia mano libera a chi vuole intimidire la stampa con richieste di risarcimenti “temerarie”. Non si tratta di non volere responsabilità, ma di ricevere le giuste tutele. Io devo pagare le spese degli avvocati fino al giudizio finale. Inoltre in 15 anni di programmi abbiamo avuto una sola condanna di 30 mila euro, in fase di ricorso».
A dar man forte alla conduttrice di Report ci pensa l’avvocato Caterina Malavenda, esperta in diritto dell’informazione e assistente di numerosi giornali, tra cui il Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, Panorama, ed emittenti televisive come la Rai e Sky Italia. Per la Malavenda l’emendamento “anti Gabanelli” è «una mannaia, specialmente per i giornalisti free-lance che non avranno più alcuna copertura. Se passa la linea inquietante di questo emendamento, la clausola “di protezione” non sarà più valida». Inoltre per annullare una clausola tout court ci vogliono valide ragioni. E in questo caso «non ne vedo», precisa ancora la Malavenda.
Molto critico anche il senatore del partito di Di Pietro, Pancho Pardi: «Togliere le tutele significa scoraggiare e intimidire i giornalisti. È la vecchia ossessione per la censura del centrodestra berlusconiano».
Di tutt’altro avviso, invece, il senatore Caliendo secondo il quale si tratta di preoccupazioni infondate: «Questa è una norma a tutela dei giornalisti perché li invita ad essere responsabili. Inoltre i cronisti non avranno più cause né penali né civili perché se passa un altro mio emendamento basterà una rettifica per evitare ogni processo» spiega l’esponente berlusconiano.
Meno rassicurante un collega piediellino di Caliendo, Lucio Malan. Per quest’ultimo, infatti, le misure adottate non garantiscono in alcun modo il diffamato di turno. «Basta avere un poco di soldi da parte….», dichiara sibillino. Come dire: i giornalisti possono permettersi di scagliarsi contro tutto e tutti, tanto con qualche euro se le cavano.
In ogni caso la corsa agli emendamenti continuerà fino a martedì prossimo. In tale data verranno votati in Commissione. Poi il testo passerà in Aula. E, visto l’andazzo non sono escluse ulteriori sorprese.

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