DDL CHE MODIFICA LA PROFESSIONE GIORNALISTICA: MERCOLEDÌ AUDIZIONI FIEG E INPGI ALLA CAMERA

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Continuano alla Camera, presso la Commissione Cultura, le audizioni informali sul ddl che reca “Modifiche alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di ordinamento della professione di giornalista” (C 2393). Mercoledì 5 maggio saranno sentiti i rappresentanti della Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG) e dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI).
La proposta di legge è stata presentata in modo bipartisan da esponenti della maggioranza (Mazzuca, Pisicchio, Testoni), del Pd (Zampa, Merlo), da Giuseppe Giulietti (Idv), Roberto Rao (Udc) e Matteo Salvini (Lega Nord) e interviene su alcuni problemi specifici:
1) il sistema di accesso alla professione;
2) il meccanismo elettorale che oggi porta a una dimensione pletorica del Consiglio nazionale;
3) procedure e organi che intervengono in materia deontologica, per garantire tempestività, equità e trasparenza nei procedimenti disciplinari.

L’ACCESSO ALLA PROFESSIONE
Da tempo è maturata la consapevolezza che la professione di giornalista, analogamente a molte altre, richiede una base formativa superiore a quella prevista dalla legge n. 69 del 1963, cioè il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Il ddl prevede un canale di accesso unico attraverso:
a) una fase di formazione preliminare coincidente con la laurea;
b) una seconda fase di specializzazione, di due anni, da realizzare in forme diverse, e cioè: 1) laurea magistrale in giornalismo che consenta di sostenere l’esame professionale; 2) master specifico riconosciuto dall’Ordine dei giornalisti; 3) scuole di giornalismo collegate a una struttura universitaria.

PUBBLICISTI
Oggi la via per accedere all’elenco dei pubblicisti è il riconoscimento di un’attività continuativa nell’arco di almeno due anni. Nella presente proposta di legge per i giornalisti pubblicisti vengono mantenuti i medesimi requisiti di accesso con l’aggiunta, però, di corsi specifici di cultura generale e delle norme che regolano il giornalismo e che terminano con una prova conclusiva sulle materie studiate.

COMMISSIONE DEONTOLOGICA
A rendere urgente una modifica delle procedure in materia disciplinare è l’esperienza passata e recente: il Consiglio nazionale funge da tribunale deontologico di appello rispetto alle deliberazioni dei singoli consigli regionali. Un collegio formato da più di 130 giudici non raggiunge quasi mai il plenum, rischia continuamente la dispersione e le lungaggini e, procedendo a scrutinio segreto, richiede tempi enormi anche per decisioni apparentemente semplici: è infatti frequente che il lavoro si paralizzi perché viene meno il numero legale. L’articolo 5 del ddl istituisce, pertanto, una Commissione deontologica nazionale, composta da nove membri espressione del Consiglio nazionale, competente in materia disciplinare.

GIURÌ PER LA CORRETTEZZA DELL’INFORMAZIONE
L’articolo 6 del ddl recepisce la proposta dell’istituzione di un giurì per la correttezza dell’informazione.


Manuela Avino

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