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Dalle crociate di Crimi all’abiura del M5S: il sostegno all’editoria è tornato di moda

C’è stato un tempo – non poi così lontano – in cui il Movimento 5 Stelle considerava i fondi pubblici all’editoria una bestemmia contro il popolo sovrano.
L’allora sottosegretario all’editoria Vito Crimi, con zelo quasi missionario, aveva dichiarato guerra ai contributi per la stampa, presentandoli come un privilegio della “casta dei giornalisti”. Una crociata culminata con l’abolizione del sostegno agli editori più piccoli, proprio quelli che oggi il Movimento sembra voler difendere con tanto ardore.
Oggi, a distanza di pochi anni, il copione si ribalta. A parlare è Antonio De Luca, capogruppo M5S all’Assemblea Regionale Siciliana, che scopre – con un’inedita dolcezza – l’importanza di una “corretta e capillare informazione, assicurata da una pluralità di testate, anche piccole ma di qualità”.
Già, proprio quelle “piccole testate” che il suo partito aveva bollato come parassiti del sistema e condannato alla chiusura nel nome della purezza rivoluzionaria.
De Luca, con toni da editorialista di lungo corso, lamenta che nella Finanziaria regionale l’articolo dedicato all’editoria fosse inadeguato: troppo pochi fondi, troppi limiti, e — per giunta — sacrificato per fare spazio a spese “non indispensabili”, come campi di padel e di calcetto.
Giustamente, verrebbe da dire: tra un torneo di doppio e una racchetta nuova, chi si preoccupa della libertà di stampa?
Eppure, la conversione è compiuta. De Luca promette addirittura di presentare nella prossima legge di bilancio una norma “ad hoc” per rafforzare il sostegno alle testate meritevoli, anche le più piccole, per aiutarle “a mantenersi e a crescere” di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale.
Un linguaggio che suona quasi come un’abiura delle antiche certezze grilline: ora i giornali non sono più il male, ma un bene da preservare a ogni costo.
Così, dopo anni di anatemi contro i “giornaloni” e di tagli spacciati per giustizia sociale, i Cinque Stelle sembrano aver scoperto che il pluralismo non nasce dal disboscamento dell’informazione, ma dal suo sostegno.
Una rivelazione tardiva, certo, ma almeno stavolta nessuno potrà dire che non abbiano cambiato idea.
E se per arrivarci è servito qualche campo da padel di troppo, pazienza: la coerenza non è mai stata un requisito d’iscrizione al nuovo corso del Movimento.

Enzo Ghionni

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