Non basta omettere il cognome per tutelare un minore, se poi nell’articolo giornalistico vengono forniti particolari tali da renderlo facilmente identificabile. E’ quanto ha ribadito il Garante per la privacy (relatore Mauro Paissan) nell’accogliere il ricorso di una donna che riteneva di aver subito una violazione dei propri dati personali e di quelli dei figli da parte di un quotidiano. La vicenda – spiega la Newsletter del Garante – si riferisce a un fatto di cronaca nel quale era coinvolto un bambino che, conteso dai genitori separati, era poi stato ricoverato in ospedale. Motivo del ricorso della donna, il fatto che nell’articolo, pur non essendo citato il cognome degli interessati, venivano forniti numerosi particolari che avrebbero facilmente permesso l’identificazione dei soggetti: città in cui si è svolta la vicenda, nome, età e particolari dettagliati sulla salute del minore, nome ed età della sorella (pure minore), nomi ed iniziali del cognome dei genitori, loro professione, luogo di attuale residenza della madre. Il Garante ha ribadito che, anche quando si ricorre all’oscuramento dei nomi, se si forniscono dettagli tali da poter identificare la persona oggetto del fatto di cronaca si lede il suo diritto alla privacy, circostanza ancora più grave se si tratta di un minore. L’organismo di garanzia ha invece rigettato la seconda parte dell’istanza della donna, cioé la richiesta di cancellazione dall’archivio del quotidiano delle informazioni relative ai protagonisti della vicenda e di poter conoscere l’origine delle stesse: su quest’ultimo aspetto, in particolare, l’Autorità ha ribadito che va rispettato il segreto professionale del giornalista. Il Garante ha quindi vietato al quotidiano l’ulteriore utilizzo dei dati in questione “quale misura necessaria a tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati” e ha stabilito, a carico della società editrice, un risarcimento di 300 euro.
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