Crimi ai saluti ribadisce: “Finanziamento pubblico non premia il buon giornalismo”

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Vito Crimi ai saluti: “Noi siamo stati i primi ad accendere i riflettori sulla crisi dell’editoria”. Con il cambio ai vertici del governo, Crimi non sarà più sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. E in un video che ha affidato ai suoi social, rivendica il suo operato da responsabile all’editoria e augura buon lavoro al suo successore, il cui nome potrebbe arrivare già nelle prossime ore.

 

“La libertà e il pluralismo dell’informazione costituiscono un valore fondamentale del nostro sistema costituzionale, sul quale nessuno ha mai avuto dubbi nel Movimento Cinque Stelle”. Quindi, Crimi ha detto: “Bisognerebbe dare atto che, nonostante la distorta narrazione che spesso i media ci hanno riservato, siamo riusciti ad accendere per la prima volta i riflettori sulla grave crisi che attanaglia settore industriale dell’editoria, un settore determinante per lo sviluppo della nostra società. Grazie alla nostra azione politica, abbiamo prodotto quello stimolo necessario ad interrompere la deriva di un modello sbagliato di sostegno al pluralismo, che ha rivelato tutte le sue criticità e il suo devastante fallimento (se il sistema fosse sano non staremmo qui a parlarne)”.

Dopo aver ricordato alcuni dei provvedimento, tra cui la cancellazione del contributo diretto ai giornali, l’ex sottosegretario rivendica “In quest’ultimo anno ho avuto modo in più occasioni di ribadire l’importanza del ruolo del giornalista e della sua valorizzazione come professionista. Una valorizzazione che passa anche dall’isolamento di coloro che invece – a mio avviso – disonorano questa professione utilizzando i media come strumento di propaganda al servizio di interessi privati anziché come strumento d’informazione al servizio dei cittadini”.

Nessuna resa sui punti centrali dell’idea di stampa e dei rapporti tra giornali e politica: “È ora di finirla con i luoghi comuni sul finanziamento pubblico ai giornali: non premia affatto il buon giornalismo e non rende l’informazione libera. Per le nostre idee ci hanno accusato di essere dittatori, fascisti, di voler uccidere la libertà d’informazione. Poi è arrivata la Corte di Cassazione a mettere nero su bianco ciò che già sapevano tutti (ma nessuno diceva, a parte noi): “La libertà d’informazione non dipende dai finanziamenti statali all’editoria”. E i dati sono qui a testimoniarlo: gli oltre 4 miliardi di euro destinati in 15 anni dallo Stato agli editori, senza che venissero investiti in formazione o innovazione, hanno portato il sistema editoria al fallimento e hanno imbrigliato l’informazione”.

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