Costa: «L’editoria cambia pelle. Il mondo di prima non tornerà»

0
686

Maurizio Costa (64 anni) non nasconde le grosse difficoltà del settore editoriale in Italia (e nel mondo) e di Mondadori. «Tagli di costì, chiusure di testate e ristrutturazioni, ancora più della regola sono ormai la condizione nella quale si trova il settore». I numeri sono sotto gli occhi di tutti. E il gruppo che guida come amministratore delegato da 16 anni e di cui è anche vicepresidente ha appena deciso di chiudere quattro testate: Panorama Travel, Casa Viva, Ville & Giardini e Men’s Health. Al 30 settembre 2012 i libri perdevano in termini di ricavi da vendite il 6%, i periodici in Italia il 15 e i servizi pubblicitari il 21.1 dati di chiusura di fine anno non ci sono ancora ma non sono certo migliorati. «H 2012 è sicuramente finito in maniera motto pesante e le avvisaglie del 2013 sono altrettanto preoccupanti, su questo non c’è dubbio». Accanto alla scrivania di Costa nel suo ufficio di Segrate c’è il libro pubblicato per il centenario del gruppo: 1907-2007. «Mi sembra un’era preistorica ed era solo 5 anni fa». Nel frattempo quella che definiamo rivoluzione tecnologica e che, per certi versi, sta cambiando positivamente la vita delle persone, ha aggredito i settori tradizionali: dopo la musica sembra venuto il tempo dell’editorìa «Credo che per comprendere cosa stia avvenendo dovremmo essere un po’ strabici: dobbiamo essere assolutamente consapevoli che stiamo vivendo una crisi pesantissima, una crisi che nel nostro settore è mondiale, anche se forse si manifesta con minore intensità in altri Paesi. Di fronte a una crisi di questo genere non si può fare altro che incidere sugli elementi strutturali, uscire da quello che non è il core business ma non basta: dobbiamo incidere anche sul portafoglio dei prodotti. E oggi il modello di business più moderno è quello a più basso costo». I periodici soffrono più di tutti. Alcune testate come «Newsweek» hanno abbandonato la carta. Ma altre testate nate solo online, come U «Daily» di Murdoch, hanno chiuso in un anno. La migrazione al digitale non è poi così facile da effettuare. Dobbiamo pen- Ld fotografia del gruppo Conto economico consolidato, al 30 settembre 2012 • Priminoremesi2012 • Primimwemesi2011 Valori in milioni ai euro Ricavi di vendita Margine operativo lordo Costo del venduto edigestione Un mese in Borsa 1,2930 1,2265 Utile netto Consolidato 16,1 144,1 La chiusura di venerdì +0,60% a 1,177 euro sare che sia finita l’era dei settimanale e dei mensili tradizionali «Nella proposizione di possibili soluzioni digitali per i periodici e, mi avventuro a dire anche per i quotidiani, abbiamo assistito a tante scorciatoie e semplificazioni. Dobbiamo essere consapevoli che non esiste un solo ap: proccio. Offrire dei siti web gratis va bene. È stato fatto, è utile averlo ma ha un modello di business fragile: solo ricavi da pubblicità». C’è chi sostiene, anche in Italia, che si possa pensare a un «paywall» con la possibilità di far pagare qualcosa sui siti. «E motto difficile. Pensi a cosa è accaduto con WhatsApp, l’applicazione di messaggistica: hanno chiesto 79 centesimi l’anno e gli utenti si sono ribellati. Non dico che i siti gratis non vadano fatti. Però, il paradosso è che se li fai troppi belli rischiano anche di cannibalizzare i prodotti a pagamento». Non crede che le edizioni digitali, che per la verità, a differenza di come si immaginava all’inizio, stanno funzionando più con i quotidiani che con i mensili, possano rappresentare un buon processo di migrazione «La digitai édition può essere un buon modello perché basato su contenuti a pagamento tendenzialmente per abbonamento. Io leggo i giornali prevalentemente su iPad. È una buona integrazione ma se è necessario forse non è ancora sufficiente. Dobbiamo pensare, soprattutto per i periodici, a una versione digitale arricchita. I grandi gruppi Usa come Hearst e Condé Nast lo stanno facendo bene. E anche noi ci stiamo muovendo in questa direzione». Si spinge a pensare anche all’ecommerce di oggetti fisici «L’ecommerce fisico è interessante e sviluppato soprattutto in Germania, Paese nel quale hanno investito moltissimo gruppi come Axel Springer e Burda che hanno fortemente diversificato fuori dal settore editoriale. Per Mondadori ha senso se correlato al core business». Non avete guardato anche voi a Banzai, il gruppo di Paolo Ainio dove è entrato il fondo Sator di Matteo Arpe «Abbiamo guardato tante cose… Guardi l’of ferta di ecommerce si può fare con il massimo di coerenza possibile oppure spingendosi, come ha fatto Axel Springer, a offrire servizi di intermediazione immobiliare online. Quello che mi convince maggiormente per Mondadori è sfruttare la conoscenza del cliente con azioni di direct marketing mirate. Come editore abbiamo investito in maniera significativa e pensiamo che questa risorsa sia un asset fondamentale che può fare da ponte per un ecommerce coerente e per iniziative di direct marketing». Bisognerà fare i conti con un ridimensionamento del fatturato in ogni caso. «D fatturato è importante e il ridimensionamento ci sarà. Anche se i fenomeni vanno visti insieme. Nel digitale c’è una riduzione di ricavi ma i margini sono molto superiori e possono arrivare anche al 40%». È evidente che, nonostante l’accordo con Google degli editori francesi, c’è una battaglia in corso. Lei ragiona a perimetro invariato, cioè con un margine del 30% che Apple e Amazon si prendono come distributori? E l’asimmetria fiscale oltre che dell’Iva «Non do questi elementi per certi: per esempio il 30% di Apple non è così sicuro in futuro. Abbiamo creato con gli altri editori un’edicola digitale. E sull’eReader, Amazon in Italia dovrà fare i conti con il nostro Kobo che è andato motto bene». Siete stati anche «fortunati» visto che il Kindle Paperwhite non è stato distribuito Io «È stato comunque un successo oltre ogni aspettativa: abbiamo venduto il triplo dei device che immaginavamo di vendere e i clienti hanno convertito e comprato più di un libro al mese. Anche qui: siamo passati da circa 200 mila ebook venduti nel 2011 a più di 1,2 milioni di ebook. Non dobbiamo pensare che sia una battaglia persa in cui c’è un monopolio e basta. Inoltre il tema dell’unificazione degli aspetti fiscali prima o poi si porrà». Cosa pensa dell’accordo in Francia. Si arriverà anche in Italia a qualcosa di simile secondo lei «Si tratta di un accordo motto positivo per il mondo dei media. Viene stabilito in maniera inequivocabile il principio per cui i contenuti debbano essere pagati: anche un colosso come Google ha riconosciuto il valore del diritto d’autore. E molto importante per tutti i mezzi, dai quotidiani ai magazine, dai libri al video, hi Italia stiamo portando avanti questa battaglia non solo come Mondadori ma anche e soprattutto come Federazione degli Editori». Massimo Sider! *qß @massimosideri © RIPRODUZIONE RISERVATA 99 In Francia Google ha riconosciuto II diritto d’autore al media: è una svolta Importante Chi è Maurizio Costa è amministratore delegato di Arnoldo Mondadori Editore dal 1997. È diventato anche vicepresidente dal 2003. Nato a Pavia nel 1948, sposato, con un figlio, Costa è ingegnere meccanico. Il manager ha iniziato la propria attività professionale nel gruppo Iri. Dal 1984 è stato nel gruppo Montedison. Dal 1989 al 1992 è stato direttore generale del gruppo Standa

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome