Con l’Unitá finisce un pezzo di questo Paese

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La prima pagina di un numero dell'Unità con in evidenza il nome della testata

imagesL’Unità è un simbolo di questo Paese, di questa molto imperfetta democrazia, la sua Storia, con la esse maiuscola, è in parte la storia dell’Italia o la storia di una parte dell’Italia.

Il giornale rosso, da sempre con i conti in rosso, appartiene al patrimonio culturale della nazione, anche per quelli che, come chi scrive, hanno idee diverse. La chiusura dell’Unità rappresenta il livello del dibattito culturale e democratico del Paese; il termometro del grado di pluralismo era già salito al massimo: decine e decine di quotidiani hanno chiuso negli ultimi tre anni, bruciando non solo migliaia di posti di lavoro, ma anche e soprattutto libertà e cultura.

Il pensiero unico ha bisogno di poche teste, la responsabilità politica di un fatto storico, come la chiusura del giornale fondato da Gramsci, non può e non deve essere attribuito al solo partito democratico, ma all’intero sistema politico che è collassato inseguendo l’onda lunga della demagogia e dell’appiattimento culturale, che all’approfondimento predilige i 140 caratteri di twitter.

La democrazia è un lusso, e non è per tutti, basti vedere i sistemi politici nel mondo; ma l’Italia intera non può permettersi un altro lusso, perché questo sarebbe: quello di abbandonare per sempre il percorso di confronto e dibattito tra maggioranza e minoranze su cui è incardinata la stessa Costituzione che fa della libertà di pensiero un valore fondante.

In edicola oggi tutti per acquistare la copia dell’Unità, un piccolo gesto per dire #iostoconlunita

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