Editoria

Cosa dobbiamo imparare dalla prima pagina “al buio” del Manifesto

Con un’iniziativa geniale, il Manifesto oggi si presenta in edicola per avviare la campagna di abbonamenti. La prima pagina, quella da “vetrina” in cui sono (altrove…) strillati i titoli più accattivanti per spingere il lettore distratto ad ingolosirsi e comprare il giornale, è rimasta completamente bianca. Una sola scritta, nemmeno troppo vistosa, parlava al lettore: “Questo giornale puoi comprarlo al buio”.

La riconoscibilità di un prodotto editoriale rappresenta il legame che una testata ha con la sua comunità di lettori. “Prodotto”, dunque, è termine ingeneroso che non spiega a pieno il senso di appartenenza e il rapporto di fiducia che intercorre tra un giornale e chi, ogni mattina, se ne procura una copia in edicola. Non c’è bisogno di inventarsi chissà che, pare dire la redazione del Manifesto: basta essere se stessi.

La prima “bianca” del giornale della sinistra italiana è subito diventata un tormentone sul web, con tantissime foto e moltissimi attestati di stima e di apprezzamento. Un po’ virale, insomma, senza fare granché di innovativo. Ma facendo moltissimo, ogni giorno, per assicurare voce e presenza sul dibattito pubblico a una comunità umana e politica. E’ questo, in fondo, che intende tutelare il pluralismo. E’ a questo che servono i sostegni alla stampa, cosa che probabilmente certi presunti personaggi politici come il cittadino Toninelli, degno rappresentante di un partito privo di ogni cultura delle istituzioni e perciò degnamente “capeggiato” dal cittadino Vito Crimi, i cui strali contro la stampa libera e valorosa abbiamo conosciuto e continuiamo a sentire.

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