Coronavirus: Pipita (Il Crotonese): “Troppi ostacoli dalle istituzioni”

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In Calabria la nuova tappa del viaggio di Editoria.tv tra le redazioni dei giornali al tempo della pandemia. Con Giuseppe Pipita, direttore de Il Crotonese, per fare il punto della situazione e individuare quali saranno i cambiamenti che la stampa dovrà affrontare nel prossimo periodo.

L’arrivo del coronavirus ha sconvolto la vita quotidiana di tutti. Come ha cambiato l’approccio sui territori?

Ha cambiato decisamente l’approccio. Intanto il Crotonese, che proprio a dicembre del 2020 compirà 40 anni, ha deciso di non andare in edicola ma di pubblicare solo edizione digitale che poteva essere acquistata attraverso la App o il sito internet. C’è stato anche un buon riscontro da parte dei lettori anche in considerazione che molte edicole hanno preferito chiudere considerato che la gente poteva uscire con difficoltà. Dal punto di vista informativo le notizie sono state caratterizzate tutte dallo stesso argomento: il coronavirus. Abbiamo seguito le notizie dal punto di vista sanitario, le storie di solidarietà e volontariato. Realizzato rubriche per consigliare ai lettori libri da leggere, videogiochi, musica con interventi di scrittori locali o esperti del genere. Abbiamo sacrificato lo sport e le notizie della provincia dove, anche per via di realtà molto piccole, è rimasto tutto congelato.

E il rapporto con i lettori? 

Si, sia durante il lockdown che successivamente. Abbiamo avuto maggiori riscontri nel rivolgersi al giornale per segnalare problematiche o storie. Ma anche, come dicevo, molti hanno deciso di comprare l’edizione digitale.

Cosa è cambiato in redazione? 

Abbiamo attivato lo smart working. In redazione operiamo in tre solitamente, mentre gli altri redattori intervengono da casa per la titolazione. Svolgiamo riunioni in videoconferenza per mettere a punto il programma delal settimana. In qualche modo abbiamo anche velocizzato la preparazione del giornale anche perché lavorando da casa si può intervenire sempre.

Quali saranno secondo lei le conseguenze che l’epidemia avrà sui loro giornali e sul futuro della stampa?

L’emergenza ha messo in evidenza come le fake news condizionino la conoscenza dei fatti. Molti sono tornati ad informarsi attraverso internet rivolgendosi a testate giornalistiche serie. La carta stampata dovròà ancora superare il momento di shock causato dal lockdown, ma potrebbe ritagliarsi una fetta di mercato puntando sull’autorevolezza e su articoli di approfondimento lasciando la marea di comunicati stampa e opinioni alla rete.

Come giudica l’operato delle istituzioni? 

Istituzioni chi? Non c’è stata alcuna vicinanza. Anzi, a livello informativo chi ha potuto ha creato ostacoli dando informazioni frammentarie, caotiche. Non tenendo conto delle richieste dei giornalisti. Dal punto di vista economico dalle istituzioni, ad esempio, non abbiamo visto una pagina di pubblicità o una inserzione. Neppure un abbonamento al digitale.

Come se ne esce?

L’innovazione tecnologica è importante, ma non permette ad una redazione, ad una cooperativa editoriale di poter andare avanti. Abbiamo avviato una campagna promozionale – nessuno si salva da solo – che è una sorta di patto di amicizia con le imprese: noi diamo loro pagine gratuite per questa prima fase con l’auspicio di poter ricevere poi in cambio pubblicità nel momento in cui noi avremmo bisogno. Per uscirne serve creare unione di intenti nel territorio ed una politica nazionale che dia valore al giornalismo vero, fermi la pirateria, aiuti l’editoria nel sopportare i costi, riveda il monopolio dei distributori.

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