CONCLUSIONE DELLA VICENDA ‘EUROPA 7’: COSTI INUTILI PER LA RAI E DISAGI PER GLI UTENTI

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La vicenda giudiziaria e istituzionale legata all’emittente Europa 7 inizia nel ‘99, quando l’imprenditore Francesco Di Stefano vince una gara, ottiene le concessioni per trasmettere ma non ci riesce perché i corsi e ricorsi normativi e politici italiani gli negano le frequenze.

Tutto inizia quando, nel luglio 1999, durante il governo D’Alema, il Ministro delle Comunicazioni, Salvatore Cardinale, indice una gara per l’assegnazione di concessioni per la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri. Nonostante la gara sia aperta a tutti, per partecipare si richiedono requisiti abbastanza proibitivi. Anche se, Vincenzo Vita (Ds) afferma che “il bando è rigoroso. E’ congegnato per incoraggiare nuovi editori ad entrare sul mercato favorendo chi vuole creare lavoro”. È a questo punto che entra in campo l’imprenditore Francesco Di Stefano, il quale, dopo aver messo da parte i soldi derivati dalla precedente attività di syndication (12 miliardi di lire), decide di partecipare alla gara con due reti televisive: Europa7 e 7Plus. Di Stefano ottiene la concessione per Europa7 insieme a Canale 5, Italia 1, Tmc1 e Tmc2, Tele + chiaro e Telemarket Elefante.
Nel Regolamento per il rilascio delle concessioni è scritto che “le concessioni determinano altresì le frequenze”. Ma, a differenza di Rai e Mediaset, Europa7 è un soggetto nuovo, non possiede frequenze sulle quali cominciare a trasmettere e pertanto deve attendere l’approvazione del Piano di assegnazione delle frequenze. Intanto, il 22 settembre 1999, viene registrata la concessione di Europa7 alla Corte dei Conti e con decreto, viene rilasciato il titolo concessorio che prevede l’inizio delle trasmissioni entro il 31 dicembre 1999.
Mentre Di Stefano aspetta le frequenze, il legislatore, prima con la legge Maccanico e poi con la Gasparri, riconosce il diritto di trasmettere a “soggetti privi di titolo” (come Rete 4, che non ha vinto la gara del ‘99) che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei, discriminando le imprese, come Europa7, in possesso di legittima concessione.
Dopo anni di corsi e ricorsi anche in ambito giudiziario, l’anno scorso, il Ministero dello Sviluppo Economico individua alcune frequenze assegnabili a Europa 7, frequenze che appartengono alla tv pubblica. Sarà dunque quest’ultima (non Rete 4!) a riorganizzare gli impianti in modo da aprire un varco a Europa7. Si tratta di una “ricanalizzazione” della banda VHF-III, dalla quale si ottengono otto frequenze rispetto alle sette prima individuate nella stessa banda. La Rai, pur continuando ad avere sette canali, permetterà a Europa7 l’utilizzo di un ottavo canale nuovo di zecca. La manovra ha determinato ingenti costi a carico della Rai (che dovranno essere rimborsati dal governo) che ammontano a circa 8 milioni di euro per ricanalizzare 28 impianti e 154 ripetitori ad essi agganciati. A breve il processo dovrebbe concludersi e verranno, finalmente, risolti due problemi: dare le frequenze a Europa 7 e lasciare Rete 4 lì dov’è. Ma gli svantaggi saranno tutti a carico di quegli utenti che, dall’oggi al domani, potrebbero non trovare più Rai1 dove è sempre stata sul telecomando: sarà necessario cercare la nuova frequenza e risintonizzarla. Una manovra, dunque, lunga, costosa e probabilmente inutile visto che, alla fine, sembra proprio che Di Stefano non abbia nessuna intenzione di sfruttare i canali liberati.
Fabiana Cammarano

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