C’è maretta alla Rai sul tema della pubblicità. Le norme europee che modificheranno il Tusmar rischiano di far perdere decine e decine di milioni di euro a viale Mazzini. È un gioco di percentuali che ha lasciato l’amaro in bocca ai vertici Rai. E non soltanto a loro. Per il servizio pubblico, infatti, il limite dei tetti pubblicitari salirà al 6% con la possibilità di sforare fino al 7% fino a dicembre del 2022. Termine entro il quale scadrà l’anno di transizione individuato dall’Unione europea e dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti. La delusione è grande. Perché ci si aspettava, negli uffici apicali Rai, almeno l’otto per cento. Senza il divieto di concentrazione della pubblicità sui canali maggiormente seguiti. Insomma, un fallimento che serve la prima polemica sul piatto d’argento.
A lanciare l’allarme, intervistato dall’Ansa, è stato l’ex dirigente – e attualmente presidente dell’Associazione produttori audiovisivi – Giancarlo Leone. Ha parlato apertamente di perdite milionarie ed ha paventato “un impatto gravissimo sugli investimenti del servizio pubblico nella cultura e nei prodotti audiovisivi e cinematografici”. Secondo Leone, il nuovo Tusmar “potrebbe arrecare minori introiti pubblicitari per la Rai tra i 60 e i 100 milioni di euro l’anno”. Una sciagura per il comparto perché, secondo Leone “si tradurrebbero inevitabilmente in minori investimenti sulla cultura, essendo questi legati a quote obbligatorie del fatturato del servizio pubblico”.
L’Usigrai ha affermato. “La Rai rischia un danno di decine di milioni di euro. Il recepimento della Direttiva Ue modifica il Tusmar e interviene sui tetti pubblicitari. Apparentemente si prevede un aumento anche per la Rai. In realtà, si tradurrà in una ulteriore perdita per le casse del Servizio Pubblico, perché il conteggio verrà fatto per ogni singola rete e solo in alcune fasce orarie”. E ancora. “Questo ennesimo provvedimento a danno della Rai dimostra che ha fatto benissimo il neo amministratore delegato Carlo Fuortes a porre in Vigilanza come urgente il tema delle risorse per il servizio pubblico”. Quindi l’accusa. “Non si può continuare a chiedere alla Rai di fare sempre di più e sempre meglio, e intanto si tagliano le risorse a disposizione. Sarebbe ora di finirla con la demagogia sulla Rai e aprire una discussione seria sulla missione, e quindi anche sulle risorse certe, adeguate e necessarie al servizio pubblico”.
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