CLASS ACTION DI AUTORI CINESI CONTRO LA APPLE PER DIFENDERE IL COPYRIGHT

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Nove
autori cinesi, uniti nella battagliera sigla «Alleanza
per i Diritti degli Scrittori», hanno fatto
causa alla Apple accusandola di essersi appropriata
indebitamente delle loro opere e di averle
commercializzate con una serie di applicazioni.
Un tribunale di Pechino, la Corte popolare
intermedia numero due, ha accolto le loro istanze
e saranno ora i magistrati a stabilire se la richiesta
di danni – dodici milioni di renminbi,
circa un milione e mezzo di euro – debba essere
soddisfatta.
Assomiglia a una «class action», e in una certa
misura lo è. Strada facendo, i nove scrittori
fondatori dell’Alleanza hanno trovato dei seguaci,
altri autori che si sono ritenuti defraudati
dei loro copyright. Il gruppo iniziale si era costituito
poco più di un anno fa, verso la fine del
2010, denunciando l’illegittima acquisizione di
trentasette lavori da parte dell’App Store, il servizio
della Apple che fornisce contenuti.
La Apple non ha ancora
reagito ufficialmente all’iniziativa degli scrittori
i cui avvocati – racconta Zhicheng, portavoce dell’Alleanza – hanno inviato
sin dallo scorso luglio lettere nelle quali
chiedevano di «riesaminare o bloccare le applicazioni
che contenevano i libri piratati».
Due le aggravanti, per i querelanti: il peso
commerciale e il carisma della Apple sono tali
che i consumatori non si pongono dubbi sull’origine
dei lavori forniti dall’App Store; inoltre, non si tratta di semplici download, perché
l’azienda americana «si fa pagare».
Esiste un precedente recente, il quale peraltro
potrebbe non confortare la Apple. La stessa
Alleanza per i Diritti degli Scrittori lo scorso
marzo ha finito per avere la meglio addirittura
sul colosso Baidu, cioè il primo portale web della
Cina. Benché sulla Rete continuino a trovarsi
romanzi, racconti, saggi e poesie piratati e pronti
per il download, Baidu aveva acconsentito a
rimuovere quasi tre milioni di documenti che
galleggiavano online senza rispettare le regole.

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