Che fine ha fatto il credito d’imposta sulla carta del 2020?

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Servivano misure urgenti per consentire alla stampa di affrontare gli effetti del lock down e i problemi di liquidità delle imprese editrici di giornali. E allora il Governo Conte introdusse una misura che avrebbe dovuto avere effetti immediati, un credito d’imposta pari all’otto per cento, poi diventato dieci per cento del costo sostenuto per l’acquisto della carta nel 2019.

Le consuete battaglie ideologiche dell’ormai eterno gerarca minore dei Cinquestelle indussero ad escludere da questo beneficio le imprese che, comunque, già beneficiavano di contributi per l’editoria.

Ebbene a distanza di ormai quasi un anno dall’emanazione della norma per il credito d’imposta sulla carta introdotto dall’articolo 188 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 la misura ancora non è attuata.

La ragione è che questa misura non è stata sottoposta alla regola del de minimis che prevede un limite massimo di contributi di 200.000 euro per le misure di sostegno non notificate all’Unione Europea. E, quindi, le imprese editrici dovranno aspettare i tempi di risposta della Commissione europea. Siamo a fine marzo del 2021; questa misura, tra l’altro non prorogata, poteva essere una maniera per consentire alle imprese editrici di pagare parte delle imposte e dei contributi dovuti nel 2020 senza privarsi di liquidità. Non è un problema di burocrazia, perché le regole sono regole e vanno rispettate. Ma di conoscenza della realtà da parte di chi scrive le norme che è a monte della burocrazia.

Una misura del genere, proprio per la necessità di essere sottoposta alla procedura di notifica alla Commissione, doveva essere strutturale e non, come è, un contributo per superare un’emergenza che doveva essere immediato. E, pertanto, soggetto al de minimis. Ma certi gerarchi le battaglie le fanno, ma non sanno perché e per chi le fanno: quando si è trattato di scegliere tra limitare il contributo per i grandissimi editori, consentendo di dare liquidità immediata agli editori di minori dimensioni oppure ‘dire niente più soldi al Manifesto’ ci sta chi ha deciso per la seconda via. Ora tutti in attesa, per chi ha più risorse si tratta solo di aspettare, per chi non ne ha la risposta è nel numero dei giornali che nel frattempo hanno chiuso. E intanto il reggente regge.

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