CHE ARIA SI RESPIRA IN CINA?

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«La libertà di espressione è incomprimibile come l’acqua», in questa affermazione del giornalista e direttore di Ossigeno per l’informazione
Alberto Spampinato, risiede lo spirito del convegno promosso dall’Osservatorio per l’informazione e la tutela dei cronisti, contro la scure del bavaglio che mette il silenziatore a parole e voci ritenute scomode.
Che l’Italia sia semaforo giallo nelle svariate classifiche sulla libertà di stampa è cosa tristemente nota, ma non è stato affrontato solo questo tema durante l’incontro dal titolo: «La dissolvenza dei fatti e delle opinioni, Il bavaglio alla stampa in Italia e in Cina.
Legislazione, minacce, abusi» , ospitato dall’Università l’Orientale di Napoli.
Sono state piuttosto analizzata le modalità di gestione e diffusione dell’informazione, a partire dalla condizione di un paese emblema come la Cina, paese in cui vige un sistema monolitico che restituisce ai suoi cittadini un’informazione controllata.
Dire che oggi in Italia c’è una Cina dell’informazione è relativo, ed oltre al mal comune con ben poco gaudio, la situazione va analizzata da una prospettiva di relativismo culturale, come suggerito da Ivan Franceschini, giornalista corrispondente da Pechino.
«La censura non è tutta in Cina», afferma il giovane inviato ed è proprio dai giovani come lui che in Cina parte la volontà di cambiamento e di progressiva diffusione di ossigeno pulito , non inquinato dalla manipolazione dell’informazione.

Ma quali sono le paure e le speranze di chi fa il mestiere di giornalista in Cina?.
A dare una risposta a questa domanda, riesce in buona parte il filmato realizzato da Antonia Cimini, free lance da Pechino, in cui vengono riportate interviste fatte a chi nonostante tutto svolge il mestiere di giornalista in Cina, con grande coraggio.

È il caso di, Yang ex giornalista ora in pensione, ma una delle firme storiche e più importanti della stampa Cinese che ha vissuto il periodo Maoista in cui vigeva una stampa omogenea ed appiattita dal controllo del regime e l’uniformità delle notizie sotto l’egida del partito era il diktat a cui attenersi se non si voleva perdere il lavoro.
Ma sebbene dopo Mao, dopo quella che Jisheng chiama l’apertura, le condizioni del giornalismo siano sensibilmente cambiate, manca ancora una definitiva libertà di stampa, una legge che tuteli l’esercizio di informazione, alla quale non si può giungere se non prima si arriva ad un cambiamento del sistema politico., come l’ex cronista afferma.

Alla voce di Kisheng, si sovrappone quella di Li Batong, che nel 2006 ha dovuto piegarsi alla chiusura del settimanale «Freezing Point» di cui era direttore, per aver affrontato temi legati all’ingiustizia sociale.
Oggi il settimanale ha riaperto, senza però la presenza del suo direttore che continua la sua battaglia per il diritto all’informazione e conta molto sulla diversificazione dei mezzi di diffusione delle notizie.

Come afferma nell’intervista, infatti Internet che arriva in Cina nel 1995, ha rappresentato un efficace mezzo di aggiramento del controllo da parte degli organi ufficiali.
Sebbene si tenti di corrompere gli internauti per scrivere notizie favorevoli al governo in rete, la viralità del web rappresenta per Li Batong uno dei segnali di Ottimismo che concorrono ad un futuro migliore per la stampa Cinese.
D’altra parte c’è però chi ancora subisce intimidazioni per evitare che rilasci interviste ed opinioni in polemica con il sistema, come Pu Ziqhiang, Avvocato specializzato in Diritti Umani, che poco prima dell’intervista concordata ha dovuto rinunciare a farsi riprendere in volto, potendo rilasciare solo un’intervista telefonica.
L’avvocato si è trovato più volte a dover difendere giornalisti dal reato di diffamazione, come nel caso di Chen Guidi, autore del reportage proibito sulle condizioni di vita della Cina rurale «Può la barca affondare l’acqua?».

Volendo rispondere alla domanda di Guidi, la risposta sembra essere negativa.
Dalle testimonianze raccolte nella giornata d’incontro è emersa l’onda del cambiamento prodotto dall’acqua limpida dell’informazione democratica e diversificata che combatte contro l’equipaggio della barca della censura.

Arianna Esposito

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