CASO SALLUSTI, IL GIUDICE COCILOVO: «MAI PENSATO AL CARCERE». GRAZIA PIÙ DIFFICILE CON CONDANNA PER EVASIONE

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Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione, è in custodia cautelare presso il domicilio della compagna, nonché parlamentare del Pdl, Daniela Santanché. Giovedì il direttore del Giornale sarà processato “per direttissima” per evasione. Il Quirinale pensa a due soluzioni per salvare il giornalista dal carcere: la grazia e il riavvio di un iter parlamentare per un nuovo ddl diffamazione. Intanto Cocilovo “perdona” Sallusti: «Non volevo il carcere per lui». Ma il magistrato è fermo sul reato: «Fu calunnia».
Sallusti, dopo la notifica degli arresti domiciliari, ha lasciato l’abitazione per recarsi nella redazione di Via Negri. E qui che la polizia lo ha “accompagnato” nuovamente a casa. Ora il giornalista lombardo rischia, per evasione, da 1 a 3 anni di reclusione da aggiungere alla condanna precedente. Ma se il giudice considererà le attenuanti potrebbe cavarsela con 8 mesi.
Intanto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il ministro della Giustizia, Paola Severino, per evitare “lo scandalo” di un giornalista in carcere, stanno studiano l’ipotesi della grazia. E l’atto di clemenza non può che venire dal Quirinale. In effetti né Sallusti, né un suo parente o avvocato, chiederanno l’annullamento della pena.
Il direttore del Giornale ha dichiarato che non chiederà la grazia ad “uno” come Napolitano.
La conferma è arrivata dalla Santanché: «La grazia dovrebbe chiederla l’Ordine dei giornalisti. Questa è una battaglia per la libertà di stampa». E poi riguardo all’evasione la parlamentare del Pdl ha continuato: «Lui non è evaso. Ho visto il filmato».
In effetti una condanna per evasione, anche se non definitiva, complicherebbe non poco l’ipotesi della grazia.
Infatti Napolitano e la Severino non escludono la via legislativa: ovvero riprendere i lavori per un ddl diffamazione. Questa volta, però, partendo dalla Camera. A Montecitorio, infatti, c’è una proposta di legge del Pdl, firmata Costa-Pecorella. Essa propone la sostituzione del carcere con una sanzione pecuniaria e una disciplina più stringente per la rettifica. Insomma si tratta degli stessi propositi del ddl diffamazione che, dopo due mesi di lavori in Senato (tra commissione Giustizia e Aula) è stato affossato.
Dunque tale teoria non nasce sotto i migliori auspici. Inoltre tra circa un mese le Camere verranno sciolte in vista delle elezione. Quindi il tempo per legiferare è poco. Inoltre, nell’agenda parlamentare sembrano esserci altre priorità come la riforma della legge elettorale. Anche una possibile approvazione direttamente in commissione Giustizia, senza passare per l’Aula, sembra una strada difficile da percorrere. Rischia di servire a poco il consenso del presidente della Camera, Gianfranco Fini, e dei capigruppo dei maggiori partiti, Donatella Ferranti del Pd ed Enrico Testa del Pdl.
Insomma, se il Parlamento avesse voluto una riforma della legge sulla diffamazione l’avrebbe già fatta.
Per onor di cronaca, ci sarebbe un’altra “scappatoia”: il ddl sulla «particolare tenuità del fatto». Si tratta di un provvedimento, per il momento “congelato” dal Parlamento, che prevede l’estinzione di un reato in quanto considerato non grave. Ma è molto difficile che si decide di percorrere questa strada. Anche perché sarebbe come liquidare con sufficienza una problema importante come il confine tra libertà di stampa e tutela dell’onore delle persone.
Quindi, probabilmente, solo l’ipotesi grazia può salvare Sallusti dalla detenzione.
Ma non è una decisione che il Napolitano può prendere a cuor leggero. Innanzitutto c’è da aspettare l’esito del processo per evasione. Come detto in precedenza, un’altra condanna, renderebbe più complicata un eventuale atto di clemenza. Infatti l’istruttoria ufficiale non è stata ancora aperta. «La situazione è complessa. Stiamo valutando tutte le ipotesi», ha comunicato dal Quirinale.
Inoltre Napolitano dovrebbe decidere “motu proprio”. In altre parole dovrebbe procedere d’ufficio. Senza una richiesta da parte dell’interessato. Ma non sarebbe un problema. Il presidente della Repubblica ne ha facoltà. Ma ci sarebbe comunque una sorta di “scontro” con la magistratura. Napolitano, concedendo la grazia a Sallusti, confesserebbe l’intera macchina giudiziaria, di cui è il capo.
A proposito di toghe, l’eliminazione della pena detentiva non dispiacerebbe a Giuseppe Cocilovo. Stiamo parlando del giudice, allora tutelare e oggi di sorveglianza, da cui è iniziato tutto. L’articolo incriminato di diffamazione, pubblicato a febbraio del 2007 da Libero (quotidiano allora diretto da Sallusti, firmato Dreyfus, ma in realtà scritto da Renato Farina deputato del Pdl radiato dall’Albo dei giornalisti perché complice dei servizi segreti) “condannava” il magistrato “a morte” per aver “ordinato” ad una minorenne di abortire.
Cocilovo ha affermato che non «avrebbe mai pensato al carcere per Sallusti». Ma l’avversione alla pena detentiva non riguarda solo il caso in questione. «Questo carcere non rieduca, costringe al sovraffollamento. Non lo vorrei per nessuno», ha precisato Cocilovo.
Ma il giudice non manca di sottolineare l’atteggiamento successivo alla pubblicazione del pezzo diffamatorio: Sallusti avrebbe rifiutato di pubblicare la rettifica (ma il direttore si è difeso affermando che, non avendo l’Ansa, non l’ha ricevuta); avrebbe snobbato un accordo per far cadere la querela consistente in una donazione di 20 mila euro a Save the Children («la mia libertà non è in vendita», affermò Sallusti); avrebbe pubblicato un articolo su una presunta amicizia tra Cocilovo e il magistrato della Cassazione che ha confermato la condanna al giornalista lombardo. Come dire: un po’ se la è cercata.
Inoltre Cocilovo mantiene una posizione decisa nel merito all’illecito: «Non fu un reato di opinione, ma una calunnia».
La testimonianza del giudice potrebbe influire sul processo per evasione. Vedremo.
In ogni caso Sallusti non varcherà la soglia di San Vittore. L’istanza presentata dai suoi legali, Enzo Lo Giudice e Valentina Romella, finalizzata alla revoca dei domiciliari è stata respinta dal giudice di sorveglianza, Guido Brambilla.
«Sallusti non andrà in galera nemmeno se si spella le mani a bussare alle porte di San Vittore», ha dichiarato lo stesso giornalista riprendendo una frase del parlamentare del pd, nonché ex magistrato, Gerardo D’Ambrosio.
Fino ad ora la profezia si è avverata.

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