“CASO SALLUSTI”, È SCONTRO TRA MAGISTRATI. LA SEVERINO ASPETTA L’ORDINE DI NAPOLITANO PER “AVVIARE” LA GRAZIA

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Respinta l’istanza di revoca dei domiciliari. Guido Brambilla, magistrato di Sorveglianza: «La legge “svuota carceri” è indipendente dal volere del condannato». Ma l’Ufficio esecuzione pene del Tribunale di Milano non cambierà registro: «Il “caso Sallusti” rimarrà un “unicum. Non daremo le misure alternative a chi non le chiede». Rimangono dubbi e perplessità sull’intero iter giudiziario a carico del direttore del Giornale. Intanto Paola Severino, il ministro della Giustizia, aspetta la decisione di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, per avviare l’istruttoria per la grazia.
C’era ed è rimasta la frattura all’interno della Procura di Milano. E la spaccatura si aperta dal giorno in cui Edmondo Bruti Liberati ha chiesto i domiciliari per Alessandro Sallusti, condannato per diffamazione a 14 mesi di reclusione. Tale proposta è stata accolta in tempo record dal magistrato di Sorveglianza, Guido Brambilla, sollevando un vespaio di polemiche tra le toghe.
Per Nunzia Gatto, procuratore aggiunto e responsabile dell’Ufficio esecuzione pene del Tribunale ambrosiano, per tutto l’intero pool di sostituti procuratori e per l’Unione camera penale di Milano si tratta di un trattamento privilegiato riservato al direttore del Giornale. E addirittura (fatto alquanto inedito) sembra pensarla così lo stesso Sallusti. Infatti il giornalista si è sempre opposto alla concessione delle misure alternative. E già sabato scorso, il giorno dopo l’approvazione dei domiciliari da parte del giudice Brambilla, gli avvocati dell’ex direttore di Libero hanno presentato un’istanza per revocare la decisione presa dal magistrato di sorveglianza. Senza sortire, però, alcun risultato.
«L’espiazione della pena presso il domicilio, ai sensi della legge n.199 del 2010 [poi modificata nel 2012, ndr], non rientra nelle misure alternative in senso stretto», ha risposto Brambilla. In altre parole ci sarebbero margini discrezionali, già peraltro annunciati da Bruti Liberati. Il procuratore capo, infatti, ha affermato che il legislatore non è perentorio su alcuni casi «residuali» (tra i quali rientrerebbe, appunto, anche quello di Sallusti). Inoltre ci sarebbe una lieve differenza tra la detenzione domiciliare e l’esecuzione della pena presso il domicilio.
E non finisce qui. Anche senza ricorrere a tecnicismi di difficile comprensione, la legge n.199, cosiddetta “svuota carceri” imporrebbe, quasi “ontologicamente”, lo sfollamento delle patrie galere. «Il condannato non può decidere di rinunciarvi perché la legge opera indipendentemente da una specifica istanza di parte. Inoltre costituisce un istituto adottato per far fronte a superiori esigenze deflattive ispirate dal sovraffollamento delle carceri. Il tutto per garantire una migliore organizzazione degli istituti di pena», ha precisato Brambilla.
Dunque, per essere icastici, non c’è posto a San Vittore per Sallusti. Come a dire: il direttore è di troppo. Che resti ai domiciliari. E se non vuole, pazienza. Bastano le condizioni necessarie e sufficienti per applicare la “svuota carceri” indipendentemente dalla volontà espressa dal condannato. Ed i presupposti sono i seguenti: pena inferiore ai 18 mesi (quella di Sallusti è di 14); indicazione di un domicilio idoneo (Sallusti “soggiornerà” nell’abitazione di Daniela Santanché, sua compagna, nonché parlamentare del Pdl); non deve esserci il pericolo di fuga (ipotesi non verosimile); non ci devono essere recidive e non deve esserci una pericolosità sociale. Tutti presupposti che fanno scattare in automatico il dispositivo di legge. Ma che al tempo stesso danno adito ad alcune perplessità, soprattutto per quanto attiene le condizioni di applicazione della norma.
Come ha, infatti, dichiarato lo stesso Sallusti, la Cassazione, nel confermare la condanna di secondo grado, ha definito il giornalista lombardo «pericoloso socialmente» (perché dirigendo un giornale avrebbe potuto reiterare il reato di diffamazione) e «avente una attitudine a delinquere» (avendo altre 6 condanne per omesso controllo e un processo per diffamazione in corso che, ironia della sorte, inizia proprio oggi).
Dunque Sallusti sarebbe “recidivo e pericoloso”. Stante così le cose, uno dei requisiti essenziali dello “svuota-carceri” verrebbe clamorosamente a mancare. Morale della favola: il direttore de Il Giornale non avrebbe più diritto ai domiciliari. Sembrerebbe un’evidenza palese. E invece no. Almeno a dare ascolto a Bruti Liberati e Brambilla i quali non sono gli unici ad aver “adottato” la legge “svuota carceri”. Anche l’Unione camere penali ha supportato la tesi dei due magistrati. Infatti pare che molti procure generali del centro e del nord Italia abbiano raccomandato di applicare la legge n.199 come ha fatto Bruti Liberati. E tale evenienza non fa che aumentare il caos.
Lo “scontro” tra giudici, insomma, si fa, di ora in ora, più acceso. L’ufficio esecuzione delle pene di Milano ha dichiarato che continuerà a mandare in galera chi, entro 30 giorni, non dovesse chiedere misure alternative (anche se, per provocazione aveva annunciato di voler concedere lo stesso trattamento ai centinaia di detenuti nelle stesse condizioni giuridiche di Sallusti). Quindi “la doppia sospensione” della pena, concessa a Sallusti, per la parte della Procura avversa a Bruti Liberati, rimarrà un “unicum” senza precedenti. A ruota, però, è arrivato, immediato, il commento dell’Unione camere penali: «Che i magistrati di Milano affermino pubblicamente che continueranno a non applicare d’ufficio la legge “svuota carceri” è un fatto gravissimo».
Tuttavia, che resti un caso unico o meno, già spunta qualche avvocato che cita il “caso Sallusti” come precedente. Un legale, rimasto anonimo, ha dichiarato che solleverà «un incidente di esecuzione», in quanto il suo assistito non ha ricevuto lo stesso trattamento del giornalista lombardo.
Ecco che ritornano, profetiche, le dichiarazioni dello stesso Sallusti: «Non voglio essere un privilegiato. È a rischio la mia dignità e quella del Giornale. E non posso permetterlo».
Ma c’è di più. Per liberare il direttore del Giornale anche dagli arresti domiciliari è sceso in campo addirittura il Quirinale. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano e il ministro della Giustizia, Paola Severino, stanno lavorando, infatti, per concedere la grazia a Sallusti. Anche se l’interessato, né tantomeno i suoi familiari o avvocati, sembrano intenzionati a richiederla.
La grazia, tuttavia, può essere concessa anche d’ufficio, “motu proprio”. Ovvero Napolitano può decidere, da solo, di essere “clemente”. Ma questa eventualità potrebbe essere inficiata dall’esito del processo (per direttissima) per evasione che si terrà domani. Una possibile condanna (da 1 a 3 anni di reclusione, 8 mesi con le attenuanti), da aggiungere a quella già rimediata, renderebbe la grazia più difficoltosa, sia pure non impossibile. La Severino, dal canto suo, ha già dato la propria disponibilità. Il Guardasigilli sta aspettando solo il “comando” di Napolitano. «Se mi verrà chiesta aprirò un’istruttoria, farò la mia parte e darò il mio parere», ha dichiarato il ministro della Giustizia, il cui parere, ricordiamolo, non è vincolante. Tocca a Napolitano, capo supremo dei giudici, decidere se smentire l’intero sistema giudiziario che ha condannato Sallusti, oppure no.
Sarà interessante valutare tale esito.

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