Verrebbe da chiedersi, viste le ultime vicende del Wall Street Journal (che “era” uno dei quotidiani americani più prestigiosi) se esiste ancora l’indipendenza dell’informazione o vale il principio per cui “il giornale è mio e me lo gestisco io”. Sarà mica che il giornalismo non serve più, che, ormai, è un’industria come un’altra, che risponde del tutto alla logica del prodotto e per nulla a quella del servizio?
Per garantire la sopravvivenza dell’informazione come servizio è indispensabile un tasso almeno decente di autonomia e di indipendenza. Che il WSJ sembra aver perso definitivamente.
I risvolti del caso potevano essere solo immaginati quando, 4 mesi fa, il re dell’informazione, Rupert Murdoch, acquistò, con 5,6 miliardi di dollari, il suo nuovo “giocattolo”. Ma adesso le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Il WSJ inaugura un nuovo formato, dal carattere più generalista, un mix di politica, cronaca e sport ben lontano dal consolidato stile della testata, essenzialmente concentrata su analisi di tipo economico. Ma soprattutto cambia direttore (ancora da nominare) dopo le dimissioni rassegnate ieri da Marcus Brauchli.
L’editore ha festeggiato l’uscita di Marcus firmando un editoriale di politica estera sull’allargamento della Nato a Paesi come Australia, Israele e Giappone, che sarebbero più vicini ai principi e alle finalità dell’Occidente di quanto ormai lo sia l’Europa. Secondo Murdoch, l’Europa non avrebbe più “né la volontà politica, né il senso civico per sostenere un impegno militare per difendere se stessa e i suoi alleati”.
La redazione del WSJ è in subbuglio ma ad essere preoccupato è anche il New York Times, rivale storico della testata finanziaria di Murdoch. Sarebbero, infatti, fondate le voci che prevedono l’acquisizione, da parte della News Corp di Murdoch, del Newsday, quotidiano molto in voga tra l’elite culturale della Grande Mela. Di qui la preoccupazione degli editori del Times di perdere una consistente fetta di lettori. Chi vincerà la partita? Il potere finanziario di Murdoch o l’indipendenza e l’autorevolezza del NYT?
Fabiana Cammarano
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