“Come spieghi a un calciatore di colore che un contenuto piratato viene rimosso in pochi minuti, ma non è lo stesso per gli insulti razzisti?”. Un’altra figuraccia per i social che adesso rischiano di perdere nientemeno che lo storico e prestigioso club calcistico dell’Arsenal di Londra. Solo su Facebook, i Gunners vantano oltre 37 milioni di “seguaci”, altrettanti su Twitter e Instagram: la squadra – celebrata dalla letteratura sportiva (ricordate “Febbre a 90”? di Nick Hornby?) e sostenuta anche dalla regina Elisabetta – potrebbe lasciare i social perché stufa degli insulti razzisti e sinceramente scandalizzata a causa della politica degli Ott che, nonostante le intemerate e i proclami, lascerebbe impunite le migliaia di affermazioni discriminatorie che appaiono in rete. E che, nei giorni scorsi, hanno costretto una leggenda del calcio e del club londinese come il francese Thierry Henry a salutare i social e cancellare i suoi profili.
In un’intervista rilasciata a Sky, il direttore del club Vinai Venkatesham ha espresso i suoi dubbi e il suo disagio nei confronti delle politiche adottate online dai colossi del web. L’efficienza raggiunta per contrastare altri (e gravissimi) fenomeni come la pirateria non è minimamente paragonabile al contrasto al razzismo. E ciò fa insorgere più di un dubbio sulla permanenza in rete della squadra.
Che intanto ha annunciato di aver avviato una campagna proprio contro gli abusi in rete e ha chiesto ai suoi followers di partecipare inviando contributi contro il razzismo e il bullismo online. Non si tratta del primo caso del genere e già da anni il movimento calcistico inglese sta portando avanti una lotta serrata agli eccessi della rete e, in particolare, al lassismo dei social network.
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