AVANZA LA STRATEGIA DI BERLUSCONI CON I DDL SULLE INTERCETTAZIONI E SULLA PRESCRIZIONE BREVE

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Una doppietta. Tra Camera e Senato. Con la fiducia. Da una parte le intercettazioni. Dall’altra la prescrizione breve. Per evitare futuri “sputtanamenti”, come li chiama sempre il Cavaliere, dalle telefonate registrate. Per garantirsi di andare alle elezioni anticipate del 2012 senza una condanna per corruzione per il caso Mills. Questa è la strategia di Berlusconi maturata in queste ore. Senza sconti. “Andiamo avanti come un treno” ha detto ai suoi. E le sue intenzioni barricadiere stanno provocando grande preoccupazione al Quirinale, dove il ricorso eccessivo ai voti di fiducia non è mai piaciuto, né tantomeno possono essere condivisi su materie delicate come le intercettazioni e i ritocchi pesanti ai codici penale e di procedura penale, che richiederebbero quelle “riforme condivise” che il Colle ha sempre auspicato.
Ma non c’è tempo questa volta. Ormai è arrivato alle strette. Il caso più pesante si profila con il processo Mills: con quella condanna per corruzione a quattro anni e sei mesi che ha già colpito il suo ex coimputato David Mills, l’avvocato londinese. Questo è il dramma che sta vivendo il premier. La paura che il tribunale di Milano possa confermare la sentenza. Compromettendo la prossima stagione politica. La sua idea di un nuovo partito. La sua corsa alle elezioni compromessa. Niente sconti ai giudici allora. Soprattutto dopo le ultime due decisioni prese a Milano: la rinuncia alla rogatoria e l’accelerazione per Mills, il rifiuto di fermare il dibattimento Ruby in attesa della Consulta sulla ministerialità del reato. “Giudici comunque contro di me” commenta allarmato.
Sono queste le pezze d’appoggio che è deciso a spendere con Napolitano per ottenere il lasciapassare sia sulle intercettazioni che sulla prescrizione breve. Lo “stato d’avanzamento” delle due leggi consente un blitz quasi contemporaneo. Alla Camera sono al traguardo le intercettazioni. Lì Niccolò Ghedini sta spendendo tutte le sue armi e i suoi uomini (Costa e Contento) per spuntare un accordo con il Terzo polo. Se non ce la dovesse fare, non resta che la fiducia. Che il capo del governo è pronto ad autorizzare in settimana. Lui è convinto che “non ci siano problemi di numeri, perché se si va al voto segreto, sullo scandalo delle intercettazioni pigliamo 50 consensi in più rispetto ai nostri”.
Al Senato la prescrizione breve, lontano dai riflettori, ha fatto la sua strada. Pronta per essere votata in commissione Giustizia, e subito dopo in aula. Conforme al testo già varato alla Camera, può essere legge in un paio di settimane. Anche imponendo un ennesimo voto di fiducia, di fronte all’ostruzionismo. A quel punto, con lo sconto per gli incensurati dal massimo della pena più un quarto ridotto ad un sesto, il processo Mills è già chiuso. Un incubo che si dissolve. E il Cavaliere, per le rassicurazioni che gli ha dato Ghedini, è convinto che Napolitano non abbia strumenti per bloccare la legge, per non firmarla per “manifesta irragionevolezza”. Gli spiegano “che il governo, come ha già fatto con la Cirielli nel 2005, è libero di intervenire sui tempi di prescrizione, in questo caso facendo un “regalo” agli incensurati, come all’opposto allora erano stati puniti i recidivi”. Anzi, a Berlusconi parlano di “giusto bilanciamento”. Escludono con certezza che Napolitano si possa mettere di traverso.
Maggiore preoccupazione si coglie sulle intercettazioni. Il capo dello Stato, anche di recente, ha messo in guardia dalle pubblicazioni “esagerate”, ma da qui a secretare di fatto le ordinanze di custodia ce ne corre. Perché alla fine proprio questo avverrebbe. Le intercettazioni che hanno permesso le richieste di arresto come quelle per Tarantini e Lavitola a Napoli, diventerebbero per assurdo non più pubblicabili. Con un danno al diritto di cronaca. Perché per un cronista sarebbe un vero rompicapo spiegare, e per la gente capire, come mai uno è stato arrestato, se poi non viene citata – chissà perché – la frase incriminata che lo accusa e che ne motiva il carcere. Mentre un verbale d’interrogatorio sì, almeno “nel contenuto”.
È questo che mette di cattivo umore il presidente della Repubblica. Che ancora una volta si trova di fronte a un tentativo del premier di forzare la mano bypassando la dialettica parlamentare e le regole chiave della Carta costituzionale. Ma stavolta non c’è moral suasion che tenga. Berlusconi è deciso ad andare avanti perché ne va del futuro politico del suo partito e di lui stesso.
(La Repubblica)

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