Ancora una volta le grandi piattaforme mostrano i muscoli verso gli editori

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C’è una norma che prova a ridare dignità economica agli editori, prevedendo un equo compenso da parte delle grandi piattaforme per l’utilizzo dei loro contenuti. Peccato che a queste piattaforme – Meta in testa – l’idea non sia mai andata giù. La fonte di tutto è europea: la Direttiva UE 2019/790, recepita in Italia dal decreto legislativo n. 177 del 2021. Poi è arrivata l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con una Delibera del gennaio 2023, che avrebbe dovuto dettagliare il procedimento per consentire l’accordo con piattaforme per quanto dovuto. Ma diciamocelo: l’Autorità non è certo famosa per il coraggio. La sua Delibera è poco più di una copia dei principi già fissati per legge. Ma la cosa che più ha fatto infuriare le grandi piattaforme è l’obbligo di comunicare i dati, iscriversi al Registro degli operatori di comunicazione e — soprattutto — di pagare il contributo annuale. Un enorme sollievo per le casse dell’Autorità, certo, ma ben poca cosa rispetto allo squilibrio che regna nel settore. Non stupisce che le piattaforme abbiano subito fatto quadrato. Meta, seguita dalle altre, ha impugnato la Delibera davanti al Tar, ottenendo una sospensiva e il rinvio alla Corte di giustizia europea. Il Consiglio di Stato ha poi riformato quella decisione, ma la partita è rimasta aperta a livello comunitario.

Il recente parere dell’avvocato generale della Corte UE, Maciej Szpunar, ha ribadito la legittimità della Delibera italiana. Bene. Ma sarà sufficiente? Perché, nel frattempo, le piattaforme continuano a fare ciò che sanno fare meglio: usare tutti i cavilli possibili per ritardare, impugnare, allungare i tempi. E, intanto, deindicizzano i siti di qualità utilizzando a pieno regime l’intelligenza artificiale. E ogni giorno che passa, il pluralismo dell’informazione si sgretola un po’ di più.

C’è da chiedersi quanto ancora potrà reggere l’editoria di fronte a simili colossi, capaci di governare la formazione dell’opinione pubblica a colpi di algoritmo. E la politica? Troppo spesso appare intimidita, quando non apertamente complice, preferendo voltarsi dall’altra parte. Perché il pluralismo, si sa, è un fastidio: obbliga a confrontarsi, a giustificarsi, a rispondere delle proprie scelte. Molto più comodo lasciare che a governare la narrazione siano le piattaforme stesse.

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