NEL DIGITALE TERRESTRE, FREQUENZE TV PER TUTTI? NON PROPRIO…

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Il conto alla rovescia per il passaggio al digitale dell’intera Penisola è partito ma i problemi, invece di sciogliersi, sembrano moltiplicarsi. Il digitale terrestre sembra che non riuscirà ad assicurare frequenze a tutti. Qualcuno dovrà fare un passo indietro; ma chi?
In Sardegna e Val d’Aosta, le due regioni finora “all digital”, le tv sono poche e si è trovato posto per tutti. Anche grazie al fatto che il piano del governo aveva fatto emergere solo due frequenze di dividendo digitale: spazio per nuovi operatori entranti. Una condizione che l’Ue ha chiesto per non aprire procedure d’infrazione contro l’Italia, correggendo la legge Gasparri che impedisce l’acquisto di frequenze da parte di soggetti che non ne hanno già, blindando di fatto il settore.
Ma 2 sole frequenze sono troppo poche, ha detto la Ue: ne servono almeno 5. Quindi, facendo i conti, se in Sardegna Rai e Mediaset hanno 6 frequenze, e dunque 6 multiplex ciascuna, Telecom 4, Gruppo Espresso 2, H3g per la tv mobile, D-Free di Tarak Ben Ammar, ReteCapri e Europa7 una ciascuno, si arriva a 20 frequenze per le tv nazionali. Aggiungendo le 5 di dividendo digitale si arriva a 25. Quante ne restano alle locali? Il nodo è questo. In teoria le frequenze disponibili sono 55. Ma questo solo dove non ci sono interferenze con altri Paesi. Se le interferenze non ci sono in Piemonte, perché le Alpi fanno barriera, il problema orge per la costa Tirrenica, perché sul mare i segnali radioelettrici corrono. Andrà già meglio in Campania e Sicilia. Sarà invece molto peggio nelle regioni della costa adriatica, che dovranno vedersela con le tv di tutta la costa balcanica e dovranno contrattare duramente con Slovenia, Croazia, Montenegro e Albania.
Il Lazio sarà il primo grande banco di prova. Ufficialmente è accreditato di 38 emittenti locali, ma calcoli ufficiosi parlano di un numero ancora più alto: contando anche le emittenti di altre regioni che sconfinano si arriva quasi a raddoppiare quella cifra. ”Non sono tutte emittenti regionali, non hanno tutte bisogno ognuna di una frequenza su tutta la regione – spiega Marco Rossignoli, presidente di Aeranti-Corallo, “Molte sono tv cittadine, molte altre coprono una sola provincia. Con 50 frequenze c’è posto per tutti”. Già, ma se poi fossero di meno? “Non è un problema delle tv locali – chiosa Rossignoli – ma di quelle nazionali. C’è il diritto di ogni emittente locale a continuare a trasmettere. Se poi ci sarà spazio per 20 nazionali più 5 per i nuovi ingressi da mettere a gara bene, se no si ridurranno le nazionali. Non è neanche detto che se Mediaset e Rai hanno 6 multiplex in Sardegna debbano averne 6 ovunque. Possono operare anche con 5 ciascuno”.

L’idea di fondo è che ogni tv locale debba diventare operatore di rete. Ognuna continuerà a trasmettere i propri contenuti anche in digitale e con la capacità di trasmissione in eccesso potrà sviluppare nuovi business. Nuovi canali (stanno anche nascendo delle pay tv locali sul digitale), nuovi servizi in collaborazione con le comunità locali. O potranno anche rivendere la trasmissione: a nuovi soggetti, locali o nazionali; magari anche alle telecom per fare la banda larga mobile. O forse alla stessa Mediaset.
In Piemonte e Trentino-Alto Adige si è chiuso il tavolo tecnico che si limita a raccogliere il numero di emittenti presenti nel territorio e che ha censito che le frequenze occupate sono tutte e 55, ossia il totale. Il verbale finale passa all’Authority e poi al ministero delle Comunicazioni per un secondo tavolo con gli operatori. E’ in questo secondo passaggio che si assegnano le frequenze. E’ già difficile immaginare che il ministero possa accettare i risultati di Piemonte e Trentino-Alto Adige. C’è chi pensa che con l’obiettivo di portare da 2 a 5 il dividendo digitale perfino gli assetti di Sardegna e Val d’Aosta potrebbero venire rivisti. Il Lazio è ancora a zero e manca anche quel primo minimo passaggio. E dentro maggio dovrebbe invece essere tutto pronto se si vuoi mantenere il calendario fissato e spegnere gli impianti analogici ai primi del prossimo novembre.
Fabiana Cammarano

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