La liberalizzazione ha deprezzato il valore delle edicole e non ha creato crescita per il settore

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caneNon è bastato lo sciopero a Febbraio. Monti ha tirato dritto per la sua strada e prima di salutarci ha concesso agli edicolanti un ultimo cadeau. La liberalizzazione della rete di vendita. Sul web ed in particolare  su YouTube non si contano annunci di edicole in vendita. Foto, video, interviste. Tutto per far capire all’eventuale acquirente la bontà dell’investimento. Ma cosa c’è dietro a questi annunci? Gli edicolanti sono allo stremo. Crisi di vendite, poca attenzione del Governo alla categoria, difficoltà con i distributori e acredine verso gli editori, sia per il mancato accordo sul contratto collettivo che sul problema delle rese. Ma come se non bastasse, si è messo anche il problema delle liberalizzazioni. E’ stata questa l’ultima spada di Damocle per gli edicolanti che non solo ha messo a serio rischio l’esistenza del punto vendita ma ne ha deprezzato il valore sul mercato.

Di queste ed altre problematiche del settore ne abbiamo discusso con Carlo Monguzzi (Snag Giunta e referente Lombardia), e, dalla sua “fotografia” del comparto, si evince che è necessario un cambiamento strutturale dell’intera filiera se si vuole mettere davvero un freno alla crisi delle edicole: “L’inizio del calo delle vendite e della crisi delle edicole parte dal lontano 1999, anno in cui il governo, su pressione delle associazioni degli editori, varò la Legge n. 108 – Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica –  detta Sperimentazione.  Successivamente il Dlg 170 e i DcR di alcune Regioni fissarono ulteriori paletti e la Legge Bersani ci riprovò con altri. Pertanto possiamo affermare con certezza che la frammentazione della diffusione, l’eccessiva quantità di sistemi alternativi ai punti vendita esclusivi e oggi le nuove tecnologie, hanno ridotto in modo sostanziale la spesa della clientela sul punto vendita, riducendone così il valore commerciale delle edicole. Infine, ma non ultima per valore, una scarsa propensione editoriale verso vere e proprie politiche commerciali che coinvolgano i punti vendita, ha fatto e fa il resto”.

Oggi, con il problema della liberalizzazione, il conto è ancora più salato, e fa un po’ sorridere il fatto che la Fieg, impegnata sui tavoli del Governo per mantenere l’iva agevolata sul prodotti collaterali, chiami a sé le edicole per un’azione comune di protesta. Il punto non è l’Iva al 4% ma la mancanza di politiche di sviluppo adeguate al settore. “Oggi – incalza Monguzzi –  siamo al punto che gli editori si sono posti in modo concorrenziale ai punti vendita, usando gli stessi per nuove forme di marketing diffusionale, incuranti delle basilari regole del mercato. Questo ha fatto sì che alcune rivendite perdessero fra il 20 e il 30% del loro fatturato della stampa, fino ad essere costretti ad ampliare le loro commercialità per poter risanare le perdite. Ma cosa è cambiato veramente in questa operazione durata un decennio e passata sulle teste degli edicolanti che hanno subito senza colpo ferire? L’edicola ha perso quel valore aggiunto che era dato dalla sua esclusività”.

Facendo un confronto con la Francia si evincono, per gli edicolanti, gli stessi problemi ma è sostanzialmente diverso l’approccio per risolverli. E’ recente la notizia che a Parigi il Comune abbia stanziato un fondo speciale per le edicole in crisi ed abbia permesso alle stesse di poter commercializzare altri prodotti come farmaci da banco, alimenti confezionati, bibite, lotterie e in alcuni casi anche tabacco. In Italia invece, per gli edicolanti,  risulta essere perfino difficile potere ottenere la vendita di gratta e vinci.  Come si affronta il problema?

Il potenziamento dei punti vendita passa attraverso una riorganizzazione del rapporto fra cliente e edicolante, ridando smalto al prodotto editoriale. E qui il discorso è ampio. Parlo del prodotto specializzato ma non solo. L’edicola deve tornare ad avere un ruolo esclusivo. I piani amministrativi non devono essere un obbligo, ma una necessità in funzione di un servizio. Inoltre non c’è competitività determinata dal prodotto che si rivende, uguale per forma e prezzo in tutta Italia. C’è una forte propensione alla competenza e alla preparazione sui contenuti dei prodotti, ben consci che la vendita va ben oltre il fattore economico”.

Sul tema della liberalizzazione va ricordato che il prezzo dei giornali è determinato in ben altro modo che dalla libera contrattazione sul mercato. Rilasciare in modo indiscriminato nuove autorizzazioni per la vendita di giornali non fa dunque diminuire il prezzo né, tantomeno, aumentare il numero delle copie vendute che resta identico. Unica variazione effettiva è il numero dei soggetti che si suddividono quei miseri incassi medi mensili, che si riducono al punto da risultare non più sufficienti per chi è attualmente autorizzato alla vendita e illudere invece chi sperava in questa ventata di liberalizzazioni per trovare una via d’uscita lavorativa.
Si spera che il Sottosegretario Legnini, così come affermato in Commissione Affari Costituzionali, riunisca ad un tavolo tutti i soggetti coinvolti nella crisi delle vendite e si trovi presto una via di uscita funzionale per l’intera filiera.

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