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VIGILANZA; GIUNTA SENATO ESAMINA ROMPICAPO VILLARI

L’organismo dovrà decidere su un quesito all’apparenza semplice ma divenuto un rompicapo politico e regolamentare: Villari ha titolo per rimanere membro della commissione di Vigilanza sulla Rai dopo la sua espulsione dal gruppo del Pd, decisa perchè ha accettato di essere eletto presidente della commissione contro il parere dell’opposizione? Oppure la sua iscrizione d’ufficio nel gruppo Misto del Senato ha alterato il criterio della rappresentanza proporzionale al quale si ispirano i presidenti di Camera e Senato nella nomina dei membri della commissione? Le questioni sono state poste fin da quando, a fine novembre, il gruppo del Pd al Senato ha deciso per l’espulsione di Villari dal gruppo ma, soprattutto, ha chiesto al presidente del Senato di procedere al reintegro della propria rappresentanza in commissione. Un bel rebus, girato subito dal presidente del Senato Renato Schifani alla Giunta del Regolamento di Palazzo Madama, l’unico organismo legittimato ad aprire una procedura in questo senso. Il fatto nuovo delle ultime ore è la disponibilità dichiarata dal centrodestra di mandare deserte le prossime riunioni della commissione. Si tratta di una svolta politica che mette fine al lungo braccio di ferro con il Pd, fin dal primo giorno assente dalle riunioni della Vigilanza tranne che per l’elezione dei vicepresidenti. Con la decisione del PdL viene meno qualsiasi cornice politica e giuridica per assicurare l’operatività della commissione. Rimane sempre in piedi l’interrogativo: può Villari essere revocato dalla nomina a commissario da una decisione della Giunta del Regolamento? I pareri dei giuristi divergono, anche se una larga maggioranza ha manifestato forti perplessità sulla fondatezza giuridica di una simile decisione. Le argomentazioni a favore di Villari sono quelle già note: egli non si è dimesso dal gruppo ma è stato espulso; il criterio della rappresentanza proporzionale vale al momento dell’insediamento della commissione perchè non si può, sulla base di questo criterio, rinnegare l’articolo 67 della Costituzione che riconosce al parlamentare l’esercizio delle sue funzioni «libero da ogni vincolo di mandato». Rimane il fatto, a questo punto, del blocco totale della commissione dove non si presenteranno più i commissari del Pd e del PdL. Villari ne prenderà atto per dimettersi? Oppure, come fanno sapere dal suo entourage, si aspetta dal Pd un «gesto distensivo» che vada oltre l’ipotesi, fatta da Fabrizio Morri, di una sua riammissione nel gruppo? Villari, fa sapere chi gli è vicino, potrebbe sciogliere il nodo in presenza di atti formali del suo partito, come per esempio un gesto di scuse «per qualche aggettivo di troppo o troppo pesante» che gli è stato rivolto dal primo giorno della sua elezione. A un passo simile sembra alludere anche la lettera scritta ieri dai quattro capigruppo del PdL al «Corriere della Sera», quando si chiede al Pd di fare adesso la sua parte. È evidente che al Senato si sarebbe fatto volentieri a meno di aprire la procedura su Villari. Anche perchè una volta aperta va chiusa e il rebus su come chiuderla senza creare altro trambusto, non solo politico, non è piccolo.

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