Uno dei punti messo in evidenza dall’undicesimo Rapporto dell’Istituto di Economia dei media della Fondazione Rosselli – presentato ieri nel corso del sesto Summit sull’Industria della comunicazione in Italia- è che tre elementi, che hanno costituito punti di svolta nella storia della comunicazione in Italia, sembrano aver esaurito la fase propulsiva :gli investimenti pubblicitari, la telefonia mobile e la pay-tv.
Resta dinamico il quarto fenomeno, quello della crescita di Internet. La Rete è arrivata nel 2007 a una quota vicina al 7% degli investimenti pubblicitari, con un incremento del 535% dal 2003. Inferiore, peraltro, a quello del fenomeno free press (+588% nel quinquennio in questione) che non ha, però, la stessa incidenza sull’intero settore della comunicazione.
I mezzi editoriali hanno andamenti diversificati. L’editoria “vale” oltre 11 miliardi ma ha avuto i minori tassi di crescita. I quotidiani hanno triplicato il loro valore (fatturato degli editori) in venti anni, grazie anche al boom, ormai non più tale, dei prodotti collaterali. I periodici lo hanno solo raddoppiato mentre i libri hanno una crescita modesta, quasi sempre minore all’inflazione.
Televisione e radio, dall’87 al 2007, sono cresciute quattro volte, mentre il cinema è solo raddoppiato. Altri media, a parte la musica registrata, sono in pieno decollo come nel caso del successo dei videogiochi (+40% nel 2007).Quanto alla pubblicità, dall’89 quella sui mezzi classici, più sensibile all’andamento dell’economia, è inferiore alle iniziative di comunicazione relazionale, in particolare le promozioni sul punto vendita mentre arretrano le sponsorizzazioni. La televisione, al 50,4% nel 2007, e la radio, al 5,1%, hanno aumentato le proprie quote di mercato mentre i quotidiani sono stabili intorno al 20%. I periodici hanno perso dall’87 circa un terzo della propria quota sugli investimenti “classici”.
Vincenza Petta
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