Gli editori uniti contro Big Tech: “Garantire un futuro all’informazione”

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Editori uniti contro lo strapotere di Big Tech: scendono in campo Crtv, Fieg e Aie e protestano contro i padroni del vapore digitale. Le cui strategie economiche starebbero minando, insieme alla sostenibilità economica del comparto editoriale che sarebbe messa a dura prova da una concorrenza che si va assottigliando sempre di più, il valore costituzionalmente garantito del pluralismo. Non è mica una bazzecola.

Il “manifesto” degli editori è una sorta di chiamata alle armi: “Gli editori, garanti del diritto all’informazione e del pluralismo, sono i responsabili della produzione e della diffusione della conoscenza, della cultura e del dibattito civile, valori costituzionalmente garantiti.  Il loro ruolo, oggi, è minato dall’operato delle grandi aziende digitali globali (Big Tech) che hanno alterato profondamente le dinamiche del mercato e i principi base della sana concorrenza”. Ma cosa fanno Google e compagnia per preoccupare tanto gli editori: “Aggregano e sfruttano economicamente i contenuti informativi e creativi prodotti dagli editori senza riconoscere – se non molto marginalmente – i diritti d’autore”. E non è mica finita: “Offrono servizi digitali a titolo gratuito in diretta competizione con le fonti originali – tuonano Fieg, Aie e Crtv -, ricevendo in cambio dati personali che sfruttano per trattenere la gran parte dei ricavi pubblicitari, indebolendo così la sostenibilità finanziaria di chi si fa carico dei costi della produzione originale”.

C’è infine, un’altra questione che non è per niente banale: “Utilizzano algoritmi non trasparenti, che pongono gli editori in una posizione di dipendenza, limitandone la capacità di raggiungere direttamente i cittadini e compromettendo, di fatto, il principio di libertà di impresa nel settore”. E poi gli editori se la prendono con il fatto che “le Big Tech reclamano ampia immunità su quanto avviene nelle loro piattaforme, presentando il furto dell’ingegno altrui, le false notizie e il mascheramento delle fonti come “libertà di espressione”, dimenticando che questa deve sì essere sempre difesa, ma non sfuggendo alle proprie specifiche responsabilità. Gli editori, al contrario, rispondono legalmente di quanto pubblicano”.

Se le cose stanno così, va da sé che ci si trovi di fronte a una distorsione insanabile: “Un mercato così fortemente squilibrato non può mai essere equo. L’indebolimento degli editori non è solo un problema economico, ma un rischio sistemico per la collettività. Un’editoria nazionale fragile si traduce in una ridotta capacità di investire e di innovare, con una progressiva desertificazione culturale e un deterioramento del controllo democratico. Il dominio delle piattaforme tende a standardizzare l’offerta, marginalizzando le voci editoriali minori e riducendo la diversità culturale e di opinioni, essenziale per una società matura”.

Contestualmente, gli editori rilevano che “affidare la selezione, la distribuzione e la monetizzazione dei contenuti primari a soggetti extra-nazionali rende il Paese più vulnerabile alla disinformazione e meno autonomo nel definire le proprie priorità culturali e informative.  La pervasività del digitale e degli ambiti di azione delle Big Tech richiede un approccio complessivo alle politiche del settore, lavorando in modo coordinato sulla protezione dei diritti d’autore, gli incentivi all’innovazione nel settore, altre misure di sostegno, le politiche della concorrenza, quelle fiscali, la fase applicativa dei regolamenti europei sui servizi e sui mercati digitali (DSA e DMA) e sull’intelligenza artificiale (AI Act)”.
La richiesta degli editori è netta: “Questa emergenza deve essere compresa e risolta immediatamente. Invitiamo il Governo e il Parlamento a delineare con urgenza politiche e normative per riequilibrare il mercato e garantire un futuro al valore economico, sociale e culturale dell’impresa editoriale italiana, presidio insostituibile della nostra democrazia e della libertà di informazione”.

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